Ladri di biciclette è un film drammatico del 1948, basato sull’omonimo romanzo del 1946 scritto da Luigi Bartolini. Il film segue la storia di un povero padre, Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani), che va alla ricerca della sua bicicletta rubata nella Roma del dopoguerra. La bici, è di fondamentale importanza per il suo lavoro e perderla significherebbe mettere a repentaglio il suo lavoro che da da mangiare alla moglie Maria (Lianella Carell) e ai due figli, di cui il maggiore è Bruno (Enzo Staiola). Quando gli viene offerto un lavoro come attacchino comunale, Antonio dice alla moglie Maria che non può accettare poiché non possiede una bicicletta. Così, la donna vende le lenzuola del suo corredo nuziale al banco dei pegni per riscattare la bicicletta di Antonio. Durante il suo primo giorno di lavoro, Antonio è in cima a una scala quando un giovane (Vittorio Antonucci) gli ruba la bicicletta. Antonio gli dà la caccia inutilmente.
Anche le forze dell’ordine, alle quali il povero padre di famiglia si rivolge, possono fare ben poco per aiutarlo, così Antonio inizia lui stesso a cercare la bicicletta rubata, insieme con alcuni amici netturbini e al figlio Bruno. Dapprima si recano a Piazza Vittorio e successivamente a Porta Portese, dove solitamente vengono rivenduti gli oggetti rubati. Purtroppo, però, la tanto agognata bicicletta non si trova. Tuttavia, Antonio e Bruno vedono il ladro in compagnia di un vecchio barbone, ma questi gli sfugge. Padre e figlio partono all'inseguimento del ladro, addentrandosi persino in un quartiere malfamato, dove vengono minacciati dagli abitanti, che prendono le difese del ladro. Bruno chiede aiuto a un carabiniere, che perquisisce l’appartamento del ladro, ma, non trovando prove, non può aiutarli. Antonio, portato all'esasperazione, tenta un gesto estremo per uscire dalla tragica situazione...
"L'aneddoto è debole specie alla partenza: una bicicletta di terza mano non è poi difficile da ottenere in Italia. Superato il piccolo impaccio iniziale, il racconto corre via geniale e felice. E' un capolavoro fatto di nulla, tra il primo Clair e il secondo Chaplin, pieno di delicate osservazioni d'ambiente, di trovate d'atmosfera: un'elegia nata sotto il segno della grazia, e che sarà difficile ripetere [...]". (Piero Bianchi, "Filmcritica", 6/7, giugno/luglio 1951)
Il film è uno dei capisaldi del Neorealismo Italiano, il movimento culturale (specialmente cinematografico) nato in Italia durante la Seconda guerra mondiale. La maggior parte degli attori del film erano tutti dilettanti.
Il regista Vittorio De Sica ha deciso di non utilizzare i professionisti. Quattro anni dopo la sua uscita è stato ritenuto il più grande film di tutti i tempi dalla rivista Sight & Sound nel sondaggio di cineasti e critici nel 1952.
È stato poi inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare ed è tutt’oggi alla quarta posizione della classifica "I 100 migliori film del cinema mondiale" secondo la rivista Empire. Nel 1950 il film ha vinto Oscar Onorario "Votato dal consiglio di amministrazione dell'Academy come il film più rilevante in lingua straniera uscito negli Stati Uniti nel 1949"
Romanzo omonimo di Luigi Bartolini
Attore | Ruolo |
---|---|
Lamberto Maggiorani | Antonio Ricci |
Enzo Staiola | Bruno |
Lianella Carell | Maria Ricci |
Elena Altieri | Signora benefattrice |
Gino Saltamerenda | Baiocco |
Vittorio Antonucci | Il ladro |
Giulio Chiari | Un attacchino |
Mario Meniconi | Meniconi lo spazzino |
Ida Bracci Dorati | La Santona |
Fausto Guerzoni | Un filodrammatico |
Carlo Jachino | Mendicante |
Sergio Leone | Un seminarista tedesco |
Massimo Randisi | Il ragazzetto borghese in trattoria |
Checco Rissone | Il vigile in Piazza del Popolo |
Michele Sakara | Il segretario alla Beneficenza |
Peppino Spadaro | Il brigadiere |
Giulio Battiferri | Un cittadino che difende il vero ladro |
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