L'uomo sul treno: recensione del nuovo thriller con l'inossidabile Liam Neeson
Come l'attore nel film, anche noi spettatori una volta saliti a bordo non possiamo più scendere.
C'è una ragione se Liam Neeson continua a ricevere proposte per fare film d'azione. Il primo Taken - Io vi troverò uscito nel 2008 è stato il film che ha lanciato la carriera parallela di action thriller in cui Neeson è l'eroe che bastona i cattivi, per suo dovere e per nostro piacere. La ragione è la credibilità che l'attore è capace di dare a questi personaggi intrappolati in situazioni pericolose, personaggi che si piegano ma non si spezzano, che agiscono per riportare l'ordine delle cose e dare sostanza alla parola giustizia. I film d'azione profilerano nel cinema americano e quando Liam Neeson è della partita, il livello artistico si colloca sopra la media grazie a lui, a prescindere dalla storia, dal regista, dai colleghi del cast. Se funziona anche il resto, come accade in L'uomo del treno, noi spettatori siamo felici.
Questa è la quarta volta che lo spagnolo Jaume Collet-Serra dirige Neeson, dopo Unknown, Non-Stop e Run All Night. Il regista valorizza le caratteristiche dell'attore, dalla voce cavernosa al viso spigoloso, cerca le rughe sulla fronte e il sudore sulle tempie, insegue nei primi piani l'intensità dell'interpretazione. Il corpo statuario esprime rigidità, non è invulneranile, cade sotto i colpi dell'azione, ma si rialza ed è la regia di Collet-Serra a inserire le coreografie dei combattimenti nell'urgenza della storia, del crimine e del mistero da svelare. Dagli scenari urbani di Unknown e Run All Night, in cui l'azione correva negli spazi aperti tra auto e vicoli bui, con L'uomo del treno si ritorna al claustrofobico ambiente chiuso dell'aereo di Non-Stop.
Neeson è il Commuter del titolo originale, un pendolare che da dieci anni fa avanti e indietro dai sobborghi al centro di New York. Vende polizze sulla vita per una grande società di assicurazioni e vive con moglie e figlio adolescente una routine famigliare, che vediamo rapidamente in un'intelligente sequenza di montaggio durante i titoli di testa. La giornata non è delle migliori, perché il suo capo lo licenzia nonostante sia un buon lavoratore, onesto, a cinque anni dalla pensione. La storia prosegue e l'incontro con un ex collega ci informa che Neeson ha un passato da poliziotto. Si tratta di un elemento comodo per gli sceneggiatori, ma giustifica il motivo perché venga scelto lui sul treno per scovare uno scomodo testimone che nessuno conosce.
L'ora e quarantaquattro del film scorre veloce. L'uomo sul treno incolla lo spettatore al protagonista, non si scosta mai dal suo punto di vista e tiene alta la suspense, richiamando atmosfere a metà tra Assassinio sull'Orient-Express e La signora scompare di Alfred Hitchcock. L'azione è usata con parsimonia, ma quando c'è scatena la vena creativa di Collet-Serra specialmente nel piano sequenza a metà film (con l'aiuto di computer grafica) durante una lotta tra i sedili e vetri infranti. Il regista si preoccupa di comunicare l'angoscia dei luoghi affollati, che sfiora la demofobia, ancor prima che scatti il congegno narrativo. Quando Neeson si trova costretto al sadico gioco, di fronte a una ricompensa in denaro da una parte e i suoi familiari in ostaggio dall'altra, siamo già estenuati come lui e come lui non abbiamo scelta. Ora che siamo a bordo, non possiamo più scendere.
- Giornalista cinematografico
- Copywriter e autore di format TV/Web