Juliet, Naked: recensione della commedia britannica con Rose Byrne e Ethan Hawke tratta da un romanzo di Nick Hornby

29 novembre 2018
3.5 di 5
33

Adattamento spassoso e ben recitato di Tutta un'altra musica.

Juliet, Naked: recensione della commedia britannica con Rose Byrne e Ethan Hawke tratta da un romanzo di Nick Hornby

La Gran Bretagna è la terra di miracolose rock band e della commedia romantica; certo, anche della Brexit, ma questa è un’altra storia, che di romantico non ha niente, di comico più di qualcosa, perversamente inteso. Mentre Hollywood ha ormai abbandonato quasi del tutto questo genere in realtà sempre amato da milioni di spettatori, la terra che ci ha dato Love Actually torna alla carica cavalcando il romanzo di uno dei prodigi locali, Nick Hornby, che in Juliet, Naked ha cavalcato le sue due grandi passioni: la musica e la commedia (in questo caso romantica). Il titolo italiano del libro è Tutta un’altra musica e in fondo potremmo anche essere d’accordo: finalmente una romantic comedy che funziona, diverte e racconta dei personaggi a tutto tondo, non delle marionette prive di spessore, con i loro problemi, le loro debolezze. Bisogna dire, però, che c’è anche un contributo, come produttore, di quel Judd Apatow che è l’ultimo riformatore indefesso del genere oltre Atlantico.

Ci siamo tolti quindi subito la parte thrilling, manifestando apertamente il nostro amore per questa storia, e allora andiamo anche oltre e intoniamo un convinto coro di giubilo per la solita deliziosa e ironica Rose Byrne, attrice che è mille volte più convincente ora di quanto lo fosse da giovincella, per un azzeccato Chris O’Dowd e, naturalmente, per un carismatico ma molto indie e ‘stropicciato’ il giusto, Ethan Hawke.
Chi meglio, per dirigere, di un altro che si divide fra cinema (televisione) e musica, come Jesse Peretz, fra i fondatori al liceo della band The Lemonheads. Proprio un cantante alternative rock è il personaggio interpretato da Ethan Hawke, il cui successo, relativo, si è limitato a un album, Juliet, finito al massimo fra i 50 album più venduti una ventina di anni prima. Dopo il silenzio, diventato misterioso per le circostanze che l’hanno portato ad abbandonare un concerto a metà, e poi la musica.

Si dà il caso, però, che in un piccolo paesino costiero britannico ci sia Duncan, il leader di un gruppo di fan tanto appassionati quanto sparuti di Tucker Crowe, è questo il nome del rocker. Un culto che li porta a scambiarsi via fan site e social continue teorie sul loro idolo troppo presto sparito dalle scene. Fino a che la moglie di Duncan, Annie, responsabile del piccolo museo di storia locale, riceverà una mail addirittura da Crowe in persona, dopo essersi lasciata andare a qualche critica poco gradita dal marito. La situazione si complicherà ancora di più quando l’ex rocker verrà a Londra insieme a una delle varie figlie (da varie compagne) che ha collezionato negli anni.

Juliet, Naked funziona molto bene nello sviluppo del patologico ritratto di quanto buffi possono essere i fan estremi, privi di ogni analisi razionale, e sul triangolo in cui l’idolo si insinua nel rapporto di coppia del fan riesce a raggiungere dei momenti davvero esilaranti; ma fino a qui potevamo aspettarcelo, grazie al talento delle persone coinvolte proprio per costruire una storia di questo tipo. Quello che rende il film pienamente compiuto è il ritratto dell’idolo, non più una remota e ormai lontana nel tempo accozzaglia di pixel sbiaditi, ma una figura a tre dimensioni di cui vengono raccontate le debolezze, gli errori, e l’immobilismo di una vittima delle sue stesse passioni. Grazie proprio ad Annie, infatti, Tucker riuscirà a sbloccarsi dopo troppi anni rinchiuso dell’auto compatimento e incapace di reagire. Annie che, a sua volta, si renderà conto più consapevolmente dei limiti della vita che sta vivendo, affrontando il futuro con maggiore coraggio.

Insomma, ci si diverte, ma non mancano le annotazioni intelligenti sulle conseguenze della fama, anche relativa, e soprattutto sulla sindrome da eterno Peter Pan di un musicista troppo fragile. Tutti bravi, tutti da applauso gli interpreti e la speranza che la commedia romantica torni di nuovo fra noi, con rinnovato dinamismo.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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