Jack Reacher 2: punto di non ritorno - la recensione dell'action con Tom Cruise nei panni dell'ex ufficiale militare

19 ottobre 2016
2.5 di 5
8

Il personaggio creato da Lee Child torna con la regia di Edward Zwick.

Jack Reacher 2: punto di non ritorno - la recensione dell'action con Tom Cruise nei panni dell'ex ufficiale militare

Tom Cruise sta invecchiando, e ne è perfettamente consapevole. Entrambe le constatazioni sembrano palesi, ma non molti attori hollywoodiani hanno l’intelligenza di plasmare la propria icona cinematografica di conseguenza. Giù nella serie di Mission Impossible, Ethan Hunt è stato affiancato da coprotagonisti: non solo contraltari comici come Simon Pegg, ma anche muscolari come Jeremy Renner. Ora anche nella sua nuova serie, quella dedicata a Jack Reacher, personaggio letterario creato da Lee Child, di botte ne prende parecchie, e per rialzarsi ha bisogno di un aiuto, letteralmente. Con una dose di autoironia lodevole, Tom nelle scazzottate comincia a prenderne tante.

Al suo fianco in Jack Reacher 2: punto di non ritorno due donne, una delle quali è Cobie Smulders, indimenticato talento comico di How I Met Your Mother, suo punto di riferimento nell'unità investigativa dell’esercito che una volta Jack dirigeva. Viene arrestata e accusata di spionaggio, provocando l’intervento del vendicatore errante, che abbandona per qualche giorno l’autostop nelle highway e i motel per cercare la verità. Già non ha molta occasione di socializzare, in più questa volta gli hanno tolto di mezzo una donna con cui flirtava al telefono ripromettendosi di invitarla per un incontro galante. Non solo, verrà coinvolta anche una ragazza che potrebbe (o no) essere una figlia naturale di cui non conosceva l’esistenza.

Il senso di giustizia vecchio stile di Reacher torna per la regia dell’artigiano Edward Zwick, dopo un felice primo capitolo. Sarà per la presenza di Cruise, e per la scelta di questo specifico romanzo di Child da adattare, ma la serie sta prendendo una direzione che l’avvicina a quella di Mission Impossible, con un pizzico di Jason Bourne. Insomma, meno dinamiche interne, della provincia americana, e maggiore apertura allo spionaggio internazionale. Dopo un prologo in puro stile reacheriano, con l’eroe solitario che riempie di botte un paio di poliziotti insolenti e corrotti, una cospirazione ad alti livelli costringe il terzetto di protagonisti alla fuga, con confronto finale nel quartiere francese di New Orleans durante il carnevale. Una benvenuta dose di (auto)ironia e il tocco femminile della brava Cobie Smulders allietano lo sviluppo di una trama particolarmente inerte e che suona di già visto. Piccolo passo indietro per la serie, ma la saggezza del Tom Cruise produttore ci fa sperare bene per il futuro di Jack Reacher, che merita di essere scritto. Il materiale non manca: ci sono una ventina di romanzi a cui attingere.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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