Il vento del perdono: recensione del dramma con Robert Redford, Jennifer Lopez e Morgan Freeman
Una storia fra drammi e avventura in salsa animalista fra la natura incontaminata del Wyoming.
Il cinema americano ha una lunga tradizione di accoglienza di talenti stranieri; fin da quando, nei primi anni della nuova arte diventata industria, nella California meridionale, un tale Samuel Wilder detto Billy arrivò dalla cittadina di Sucha, nell’attuale Polonia, per contribuire a creare un nuovo immaginario. Quell’immaginario che è stato negli anni varie volte affidato a registi venuti da lontano, capaci magari di arricchirlo con un punto di vista originale, come ha fatto mirabilmente più volte Ang Lee o come non ha mai fatto il mediocre Lasse Hallstrom. Partito da Stoccolma, Svezia, ha spesso adattato romanzoni epici o storie di grandi sentimenti condite da dosi non omeopatiche di impegno animalista, come Le regola della casa del sidro o Hachiko.
Cantore dei piccoli e grandi drammi di un mondo rurale, Hallstrom qui dirige l’adattamento del romanzo di Mark Spragg, che quest'ultimo ha curato in prima persona, in famiglia. Una storia ambientata nel suo Wyoming, fra la pianura e le prime grandi montagne che hanno ospitato un’altra storia di due cowboy, I segreti di Brokeback Mountain del già invocato Ang Lee.
Il titolo italiano, Il vento del perdono, sembra voler rievocare il successo di un’altra storia di fattorie come Vento di passioni, mentre l’originale suona come Una vita infinita, sottolineando la sospensione che sembra contraddistinguere la quotidianità di Robert Redford, incapace di elaborare la morte in un incidente del figlio, se non svuotando bottiglie di whisky e prendendosi cura del suo vicino di ranch, Morgan Freeman, gravemente ferito dall’attacco di un orso, sentendosi in colpa per non essere intervenuto per tempo proprio perché ubriaco.
Nel loro paese a inizio film si aggira ancora il suddetto orso, insieme alla nuova venuta Jennifer Lopez, vedova del figlio di Redford. I due non hanno rapporti da anni perché il rude cowboy incolpa la nuora della morte del figlio, visto che guidava la notte del tragico incidente. Insieme a lei si presenta anche con una figlia di undici anni, nipote di cui Redford non sapeva niente. Le due stanno scappando dall’Iowa, dove vivevano con un uomo che picchiava la Lopez spesso e volentieri.
Come avete notato ci sono tanti spunti e drammi a confluire in questa cittadina che diventa microcosmo di regolamenti di conti, elaborazione di lutti e grandi riconciliazioni. Il tutto sullo sfondo dei diner americani in cui tutti si conoscono, sempre pronti a dare lavoro a un personaggio che arriva in città, con lo sceriffo dal cuore tenero seppur burbero e le armi da fuoco costantemente in mano per difendere “la propria proprietà”. Gli amanti degli scenari della grande provincia americana apprezzeranno, così come chi chiede dal cinema una sequela di scene madri una via l’altra, sciogliendosi per un primo piano del mitico volto scavato dal tempo di Redford o la placida saggezza di Freeman. Dubito che anche questi riescano ad apprezzare fino in fondo una sottotrama con orso in libertà che francamente lascia sbalorditi.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito