I delinquenti: la recensione del film di Rodrigo Moreno

08 aprile 2024
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Uno dei nomi di punta del nuovo cinema argentino fa sua la lezione di El Pampero Cine, Mariano Llinás e compagnia, e regala un film davvero notevole che parla di vita e libertà. Presentato a Cannes e al Torino Film Festival, I delinquenti esce al cinema e poi in streaming su MUBI. La recensione di I delinquenti di Federico Gironi.

I delinquenti: la recensione del film di Rodrigo Moreno

In un momento storico in cui la stragrande maggioranza del cinema che si vede nelle sale e in streaming, nel migliore dei casi, ti scorre addosso senza lasciare traccia, Los delincuentes ti si attacca addosso, durante la visione e pure dopo.
In un’era in cui la nostra attenzione è stata frantumata, limitata, azzerata dalle velocità insensate dei social, delle storie e dei tik tok, e in cui facciamo tutti sempre più fatica a seguire un film senza farci tentare dal telefonino che teniamo in tasca, Los delincuentes è capace di risucchiarti dentro le sue immagini, di farti appassionare alla sua storia, ai suoi personaggi, al suo ritmo disteso, placido ma implacabile e trascinante.
È il piccolo, grande miracolo nel nuovo cinema argentino, dei film di Mariano Llinás (La flor) e Laura Citarella (Trenque Lauquen): di El Pampero Cine, insomma, e di altri ancora (Martín Rejtman).
Il tempo di questi film, il tempo di Los delincuentes, è il tempo della vita, con la sua commedia e la sua tragedia, e con tutti quei dettagli e tutti quei piccoli imprevisti, e di quelle incredibili e minuscole sorprese che ci possiamo trovare di fronte se alziamo gli occhi dagli schermi e ci stacchiamo da internet, per tornare a guardare il mondo per quello che è e può regalare.
Guardi Los delincuentes, ti ritrovi immerso nel liquido vischioso del suo racconto, riemergi e ti viene voglia di andare a vedere dove sia Alpa Corral (uno dei luoghi del film), e quanto disti da Buenos Aires; di scoprire che disco sia il citato "Pappo’s Blues Vol.1", e di andare a leggerti tutta “La Gran Salina” di Ricardo Zelarayán. Come se quelle cose lì te le avesse raccontate o consigliate un amico. Per pura passione, e senza alcuna traccia di posa o snobismo intellettuale.

Rodrigo Moreno non avrà il talento debordante e labirintico di Llinás (ma chi lo ha, al mondo?) ma, seppur più lineare, è un narratore coi fiocchi, uno che sa come si racconta una storia e come la si racconta tramite delle immagini che non sono necessariamente simboliche, metaforiche, d’effetto, ma semplicemente - si fa per dire - belle e funzionali.
Il film è diviso in due parti. Nella prima si racconta di come uno dei dipendenti di una banca di Buenos Aires decida di rapinare la sua stessa filiale, sottraendo dal caveau, al quale ha accesso, una somma ben precisa: l’esatto ammontare dello stipendio suo e di un altro impiegato che dovrebbero percepire fino al giorno della loro andata in pensione. L’obiettivo: sottrarsi alla schiavitù del lavoro. Il piano: coinvolgere forzatamente un collega ignaro del furto, consegnare al lui il denaro acciocché lo conservi fino a quando, in un tempo stimato in 3 anni e mezzo, lui non uscirà per buona condotta dal carcere dopo essersi costituito per quello stesso furto.
I due si chiamano Morán (l’autore e esecutore del piano) e Román (il collega coinvolto suo malgrado). Non è un caso. Così come non è un caso che, quando nella seconda parte, dopo che nella prima si è raccontato del prima, del durante e del dopo il furto, quando Román raggiunge il luogo isolato nelle campagne argentine indicato da Moránn dove nascondere il denaro che non vuole più tenere in casa, incontri tre personaggi che si chiamano Ramón, Morna e Norma (con loro, un fumetto di Namor).

Umorismo sornione? Certo, quello che si respira lungo tutto il film, ma non solo. Perché Los delincuentes, in fondo, è un film che parla della libertà, del suo miraggio. Per quanto sforzi si facciano, è difficile uscire dalla solita combinazione, o ricombinazione, degli stessi elementi. Tanto più che il film, nella sua distensione narrativa e nella sua capacità di generare storie, racconterà nella seconda parte un triangolo amoroso che, in maniera quasi impossibile, e surreale, finisce col coinvolgere proprio Morán, Román e la bella Norma. Tanto più che si gira spesso attorno a un disco (“Pappo’s Blues Vol.1”, appunto), e in partcolare alla sua ultima traccia. Titolo? "Adónde Está la Libertad".
E però, Rodrigo Moreno non la nega mica questa fantomatica libertà, ai suoi protagonisti. Certo, è una libertà che costa fatica, esplorazione, solitudine. Che arriva in forme forse non esattamente preventivabili, ma comunque arriva.
Ma in fondo, quello che importa davvero, è che nel suo alternarsi di umorismo e di dramma che procede senza oscillazioni troppo evidenti, nel raccontare in maniera così irresistibile e convincente, minimalista nei gesti e magniloquente nel taglio, piccole gioie e fuggevoli dolori, imprevisti e sorprese, ovvietà e ineluttabilità, deviazioni e incroci, percorsi segnati e sentieri nascosti, Los delincuentes parla della vita. Dei suoi personaggi, e di tutti noi.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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