Heidi: la recensione del film per ragazzi dal romanzo di Joahanna Spyri

21 marzo 2016
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Una trasposizione diretta del classico per l'infanzia, senza passare per il famoso anime.

Heidi: la recensione del film per ragazzi dal romanzo di Joahanna Spyri

A cinque anni la svizzera Heidi, rimasta orfana dei genitori, viene portata dalla zia Dete dal nonno (Bruno Ganz) che vive isolato in una baita sulle Alpi. Lei non se ne può più occupare, perché ha trovato impiego a Francoforte. Heidi piega la resistenza misantropa del nonno, si ambienta tra i pascoli e le capre, ama la vita all'aria aperta e diventa grande amica di un pastorello, Peter. Tre anni dopo la zia Dete si rifà però viva, portando via Heidi, perché ha trovato per lei una sistemazione presso la ricca famiglia Seseman: imparerà a leggere e a comportarsi secondo le regole della società, sarà guardata a vista dalla governante Rottenmeier, e diverrà amica di Klara, figlia del vedovo Seseman, costretta su una sedia a rotelle. Ma a quale mondo appartiene la bambina?

Heidi non è, come si potrebbe pensare, la versione in live-action del celebre anime del 1974 diretto da Isao Takahata e sviluppato con Hayao Miyazaki. Il film di Alain Gsponer si rifà invece direttamente al romanzo che ne è all'origine, quell' "Heidi" del 1880 con cui la scrittrice Johanna Spyri riuscì a narrare l'infanzia e a legare due mondi distanti della sua Svizzera, in un sol colpo. La storia e l'ambientazione, anche scremate dall'usuale nostalgia degli anni Ottanta e dei vecchi cartoni animati dei nostri pomeriggi, rimane per questo motivo atmosferica ed efficace. L'ottimismo della piccola Heidi, portato sullo schermo senza leziosità dalla giovanissima Anuk Steffen, fa di lei un bel personaggio, che si fa carico di una dicotomia eterna: il contrasto tra urbanizzazione e natura, e quindi tra società e istinto, di cui un bambino, a metà tra i due mondi, non può che diventare portavoce perfetto, anche per chi, crescendo, ha cercato di sopprimere quell'originale semplicità. 

Gentile e tenero, il lungometraggio si avvale di un buon cast (compreso Ganz nei panni del nonno), ma ha come limite la sua umile correttezza nei riguardi del classico originale, raccontato già innumerevoli volte, melodrammatico e qui non vivificato da particolari idee di regia o sceneggiatura. In altre parole, è la risposta a un progetto simile, quel Belle e Sebastien che tre anni fa si rivelò un buon successo di pubblico. Con quella produzione francese questo Heidi divide comunque un pregio: è un film dal vero rivolto ai più piccoli, ben raccontato e calibrato espressamente per loro. Non capita spesso di imbattersi in produzioni del genere non animate, e che non mirino alla risata clownesca. Forse avrà più successo nei passaggi televisivi, però lo specifico pubblico di riferimento, i bimbi intorno ai dieci anni, dovrebbero apprezzarlo anche in sala.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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