Codice Unlocked: recensione dello spy movie con Noomi Rapace
Una versione femminile di Jason Bourne domina un film ben girato ma con una sceneggiatura incerta.
Ideato nel 2006, scritto immediatamente dopo, finito nella black list del 2008, riveduto e corretto, capitato nelle facoltose mani di Lorenzo Di Bonaventura e affidato al talentuoso Michael Apted (a cui dobbiamo Gorky Park, uno dei migliori thriller di sempre), Codice Unlocked è uno di quei film che il passaggio del tempo, il corso degli eventi, la storia degli attacchi terroristici e l’avvento e lo sviluppo di serie televisive sempre più intelligenti e sofisticate non hanno avvantaggiato e che, probabilmente, dieci anni fa sarebbe stato magari non all’avanguardia, ma comunque più insolito, se non altro perché all’epoca la saga di Jason Bourne aveva sfornato solamente i suoi primi due capitoli e di corse sfrenate fra strade e piazze o in bui anfratti e appartamenti che sanno di chiuso ne avevamo visti un numero limitato.
Ora, cosa c’entra l’odissea dell’agente segreto senza memoria impersonato da Matt Damon con l’eroica impresa di Alice Racine, esperta di interrogatori al servizio della CIA che si ritrova a dover salvare Londra da un attacco terroristico con un’arma biologica? La fuga in ogni luogo e da ogni ogni luogo, una truppa di assalitori-persecutori (più qualche insospettato doppiogiochista) sempre alle calcagna e una lotta contro il tempo costellata di imprevisti ma anche di salvifici e temporanei collaboratori. E poi un paio di boss dell’Intelligence "belli succosi" e assegnati ad attori di primo piano (John Malkovich e Michael Douglas).
Di nuovo, invece, c’è una spia in gonnella, ma dopo Fringe con la sua Olivia Dunham e soprattutto dopo Homeland con la poco ortodossa Carrie Mathison, la sorpresa arriva fuori tempo massimo, nonostante l’ottima presenza scenica di Noomi Rapace e la sua recitazione grintosa e quasi feroce che riproduce l’agitazione interiore di un personaggio inquieto e con un passato da dimenticare a causa di una missione andata male. Eppure è proprio questa donna richiamata in prima linea e che sa sferrare calci, sparare e lottare come un teppista di strada l’unico personaggio veramente riuscito di Codice Unlocked, che coltiva l’ambizione di inserirsi nel solco de Il terzo uomo e de I tre giorni del Condor, ma di certo non regge il confronto e che per riempire una serie di buchi narrativi complica troppo le cose e rende inverosimili le motivazioni sia dei "nemici" - che per altri versi seguono un cammino prevedibile - sia di quelli che non sono né carne né pesce. E’ il caso dell’ex combattente in Iraq di Orlando Bloom, che appare decisamente poco a suo agio con la ruvidezza e il testosterone di un personaggio che avrebbe dovuto essere affidato a un attore con una più evidente mascolinità, salvo poi farsi apprezzare per un'arguta ironia.
E’ un po’ pasticciato, insomma Codice: Unlocked, nonostante il parterre di star e nonostante la regia di un esperto veterano del cinema britannico che per esempio eccelle nei ritratti femminili (Gorilla nella nebbia). Qui il regista di 007 - Il mondo non basta fa bene il suo lavoro, rendendo movimentato ma non frenetico il film, regalandoci una Londra spesso notturna e di interni dai colori freddi e grigiasti e dirigendo discretamente gli attori, istruiti a dominare perfettamente le sequenze di azione forti di un ottimo stile di combattimento. Anche le scenografie e i costumi sono curati, ma non cè niente da fare: il racconto procede a salti e anche di terrorismo si parla in maniera discontinua e forse superficiale. Quanto ai cattivi, non lasciano molto il segno, restando a metà fra villain da fumetto e folli o cinici servitori di un’ideologia sballata.
Codice Unlocked è stato presentato in anteprima mondiale al Bari International Film Festival 2017
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali