Ava: la recensione del film con Jessica Chastain
Un thriller d'azione che cerca di bilanciare la storia di una killer che la sua stessa organizzazione vuole far fuori con un dramma familiare. Diretto da Tate Taylor, Ava è in streaming su Netflix. La recensione di Federico Gironi.

Ava (Jessica Chastain) è una killer professionista. La migliore in circolazione. Ma, come spesso accade, perlomeno al cinema, la sua stessa organizzazione decide, per motivi più o meno opinabili, che è il caso di farla sparire. In questo caso, perché sospettata di segni di cedimento psicologico, nonostante rimanga implacabile.
Ava è anche un'alcolista, che non beve oramai da anni, e che ha mollato casa, famiglia e fidanzato di punto in bianco anni prima, quando era al suo peggio, per arruolarsi nell'esercito e iniziare così una nuova vita.
Guarda caso, è proprio quando torna a Boston e, con difficoltà, a farsi viva con la madre che ha avuto un infarto, e con la sorella che nel frattempo si è messa con il suo ex, che cominciano anche i suoi guai sul lavoro.
L'intreccio tra il piano thriller e d'azione, e quello invece legato al dramma familiare, è l'unico elemento originale di Ava, e quello che vorrebbe rappresentare il suo punto di forza. Il tratto identitario.
Privo di questo secondo piano narrativo, che finirà con l'intersecarsi sempre più col primo, Ava è infatti un film visto e stravisto, con tanto di mentore buono della protagonista che cerca di proteggerla e difenderla (un John Malkovich che fa, come sempre, John Malkovich) e boss senza scrupoli che invece è deciso a eliminarla definitivamente (un Colin Farrell dalla pettinatura improbabile).
E Tate Taylor, che non è un regista action, non sorprende in positivo quando deve girare le scene in cui la Ava della Chastain è in missione; ma, purtroppo, nemmeno quando si tratta di tessere e raccontare gli intrecci familiari e i sentimenti che vi finiscono invischiati, che sembrano sempre un po' raccogliticci e sbrigativi.
E quindi, ecco che il supposto punto di forza non è poi tale.
Fortuna che la protagonista è lei, Jessica Chastain, che questo Ava l'ha pure prodotto, è che è brava anche quando sembra non crederci poi tanto nemmeno lei, a questa storia, e che tutto sommato non è niente male quando si tratta di menare le mani. Che sapesse essere seducente, quello, lo sapevamo già.
Gli altri (da Geena Davis - quella che era stata, anche lei, una killer nel sottovalutato Spy - a Common, passando per Jess Weixler) passano e non lasciano grandi tracce.
Oltre a menare le mani ed eliminare senza pietà, quello che fa Ava all'interno del contesto familiare nel film che porta il suo nome - e che viene esplicitato anche da un manifesto che mette in bella evidenza le due vocali del titolo, ridimensionando il ruolo della consonante centrale - altro non è che il completamento dei 12 passi previsti dal cammino degli alcolisti anonimi: fare ammenda con le persone cui è stato fatto torto in passato, e aiutare chi è ora bisognoso del nostro aiuto.
E il fatto che chieda alle sue vittime dei loro torti, del motivo per cui stanno per essere uccisi, è anche questo in qualche modo coerente col disegno degli AA.
Un dettaglio, di sicuro.
Ma anche l'unica notazione che viene in mente di fare di fronte a un film che scorre liscio e anonimo (appunto) davanti agli occhi e che si dimentica subito una volta terminati i titoli di coda e spento lo schermo.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival