Acque profonde - Deep Water, la recensione del film: bentornato Adrian Lyne
Ben Affleck e Ana de Armas sono i protagonisti di questo thriller erotico disponibile in streaming su Amazon Prime Video dal 18 marzo. Un film che esplora le perverse complessità dell'amore con uno stile che ci riporta indietro nel tempo (e non è un male). Recensione di Federico Gironi.
Bentornato Adrian Lyne.
Bentornato cinema che ha dietro mestiere ed esperienza, che mette in scena storie magari pure ridicole senza mettersi in ridicolo, che è patinato senza sembrare la sottomarca di una storia di Instagram fatta da qualche influencer filtrato.
Bentornate storie che sanno provocare senza poi ritirare la manina all'ultimo secondo nel nome delle buone maniere e del bel pensare, e di portare a logiche conseguenze quanto si è seminato. E bravi quindi, anche, gli sceneggiatori Zach Helm e Sam Levinson - sì, quello di Euphoria e Malcolm & Marie - che hanno adattato Patricia Highsmith.
Qui non ci sono Malcolm e Marie ma Vic e Melinda. Sposati, con figlia. Sono ricchi. Lui è ricco. "Un genio e ricco sfondato", come dice un suo amico, uno che campa andando in bici e facendo l'editore di riviste fotografiche per hobby, e che per hobby alleva lumache, perché si può permettere di vivere di rendita dopo aver inventato un chip fondamentale affinché i droni individuino i loro obiettivi. Militari, certo, ma non solo. Zona grigia della morale, come sottolinea un altro personaggio, un antipatico e supponente scrittore.
Vic è innamoratissimo di Melinda. Melinda boh, non si sa. Rimprovera al marito di essere troppo razionale, freddo, privo di passioni. Nemmeno geloso. E dire che ne avrebbe ben donde. Perché Melinda non è esattamente una moglie fedele. Piuttosto il contrario. E non si cura nemmeno di nascondere la questione. Anzi, provoca bellamente.
Il razionale Vic dice che non vuole limitare le scelte della moglie, ma sotto sotto geloso lo è eccome. Tanto che al biondino di turno, a una festa, racconta una storia, la storia di un altro amico di Melinda che, improvvisamente, era sparito nel nulla. "Mi stai minacciando?", chiede il biondino. "Ti senti minacciato?", risponde ineffabile Vic.
Fatto sta che il tipo sparito viene ritrovato. Morto. E che viene ritrovato, morto pure lui, anche un nuovo amante di Vic, il sostituto del biondino che nel frattemoo aveva levato le tende.
Vic è un assassino? Oppure qualcuno lo vuole incastrare? Magari lo scrittore antipatico, che però ha una moglie che a Vic non è indifferente?
Chi sia l'assassino in Acque prodonde - Deep Water, alla fine, è ben poco importante. E c'è da dire che Lyne non si cura granché di confonderle, queste acque profonde, e come stiano davvero le cose, in fin dei conti, è piuttosto ovvio.
Ad Adrian Lyne, che è quello di 9 settimane e 1/2, ma soprattutto di Attrazione fatale, e il cui ultimo film era stato Unfaithful, sta chiaramente a cuore quello che alla trama gialla gira attorno, e che la scatena: il rapporto di coppia tra Vic e Melinda, il loro perverso gioco sadomasochista, le complessità imprevedibili e i risvolti insoliti che può prendere l'amore. Le sue zone grigie morali.
Perché insomma, quelli di Melinda non solo solo sfizi, o sfoghi naturali alla sua naturale esuberanza, ma vere e proprie provocazioni nei confronti di Vic, che se lo provoca, allora, è perché prova qualcosa. E Vic, a sua volta, non è un cuckhold, uno di quegli uomini che provano piacere nel vedere la propria compagna fare sesso con altri, e soffre per i tradimenti, soffre e dentro di sé s'incazza, e però non appena Melinda gli si offre, provocazioni o no, ci casca con tutte le scarpe.
Prendendosi gioco con sottigliezza di certi neo-femminismi e tanti neo-moralismi dei nostri tempi, Lyne racconta in Acque profonde la storia di un amore malato, certo, ma pur sempre amore. E che forse è amore - il loro, quello tutto loro, non generalizzo, per carità - proprio perché è malato.
Da certi punti di vista, i temi che affronta, attraverso un cinema e un racconto completamente differenti, non sono dissimili da quelli del Filo nascosto di Paul Thomas Anderson. E la domanda che soggiace a tutto - a quel racconto fatto di convenzioni, retoriche, patinature, a un film che ci riporta indietro di quasi una trentina d'anni, cinematograficamente parlando, e non è certo un male - non è solo quella di se e come e in che maniera uno come Vic possa amare e sopportare una come Melinda, e se quel modo è giusto, ma anche - e soprattutto - se Melinda possa amare Vic e sopportare il come e in che maniera.
Se la gelosia - che qui ecco, si esprime secondo coordinate perlomeno opinabili, se capite cosa intendo - sia un sentimento positivo o meno, da reprimere o meno, da sopportare o meno. Magari da apprezzare, in modo altrettanto perverso di quello attraverso il quale la si è suscitata.
E speriamo non ci siano gli scandalizzati e i suscettibili, quelli pronti a gridare "vergogna", perché - magari è bene ricordarlo - quello di Lyne è solo un film. E pure piacevole. E che avrebbe meritato la sala, ma probabilmente ha scontato il prezzo non solo della sua bandiera produttiva, ma anche dei suoi temi.
Quindi, bentornato Adrian Lyne, e grazie di tutto. Anche di aver scelto come protagonisti Ben Affleck e Ana de Armas, che ai tempi delle riprese erano una coppia, e questo ha portato un valore aggiunto, un'elettricità che è decisamente percepibile. Ad Affleck oramai gli si vuole bene apertamente, ed è anche bravo, e lo dimostra anche qui; Ana de Armas è una delle cose migliori accadute al cinema hollywoodiano di recente, e qui regala anche una stramapalata ma trascinante interpretazione di "Via con me" di Paolo Conte che non si dimentica facilmente.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival