The Waterfront non è Dawson's Creek ma la soap familiare estiva che ci meritiamo: La nostra recensione

23 giugno 2025
2,5 di 5
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Su Netflix è disponibile The Waterfront, nuovo family drama creato dall'ideatore di Dawson's Creek e Scream Kevin Williamson: doveva essere un omaggio alla storia della sua famiglia, ma forse si è lasciato un po' prendere la mano per assecondare le logiche del binge watching a tutti i costi. La recensione.

The Waterfront non è Dawson's Creek ma la soap familiare estiva che ci meritiamo: La nostra recensione

Chi, come la sottoscritta, è cresciuto con una vera e propria venerazione per Dawson's Creek, aspettava con una certa curiosità The Waterfront, la nuova serie di Kevin Williamson, conosciuto non solo per le storie adolescenziali ambientate a Capeside, ma anche come papà di Scream e The Vampire Diaries. Chi lo ha amato, negli anni, lo ha fatto prendendo per buoni vizi e virtù: quelli di uno sceneggiatore vecchia scuola, che comunque ne ha sempre saputa una in più del diavolo, facendoci risultare credibili adolescenti che sfoggiano un vocabolario forbito e doppelgänger ridicoli. Quindi, quando The Waterfront è stata presentata come la sua serie più personale (perché ispirata alla storia della sua famiglia e in particolare alla figura del padre pescatore finito a trafficare droga negli anni '80) le premesse sono sembrate interessanti. Era quasi commovente pensare che uno degli architetti della TV adolescenziale anni '90 avesse deciso di raccontare qualcosa di così intimo. Il problema è che, nel farlo, ha finito per costruire una serie che sembra più figlia delle regole del binge watching che di un vero bisogno narrativo. Ed è un peccato. Ma vediamo cosa funziona (poco) e cosa no (molto) in The Waterfront, nella nostra recensione.

La trama di The Waterfront: Un'epopea criminale familiare che ci sembra di aver già visto

Ambientata nella fittizia Havenport, pittoresca cittadina costiera della Carolina del Nord (con tanto di pontili che fanno venire nostalgia del Dawson piagnucolante), The Waterfront sembra un collage di elementi già visti. Il modello è quello del crime familiare alla Ozark o Yellowstone, ma con una forte vena da soap opera piena di svolte improbabili in stile Outer Banks e scelte di sceneggiatura che ti fanno pensare 'cosaaa?', e non in senso positivo (complimenti per la fantasia però, soprattutto a chi ha ideato una certa scena di tortura nel settimo episodio).

The Waterfront

Al centro del racconto ci sono i Buckley, famiglia influente e una volta potente nel settore ittico, ora sull'orlo della bancarotta. Il patriarca Harlan (Holt McCallany, ma perché?) è malato e decadente, la moglie Belle (Maria Bello, un po' scialba nel ruolo) cerca di salvare ciò che resta, e il figlio Cane (Jake Weary, dopo ne parliamo) decide che la via più rapida per rimettere in piedi l'impero familiare è tornare a trafficare eroina. Come se fosse facile come organizzare un party estivo nel bel ristorante di famiglia. Nel frattempo, la sorella Bree (Melissa Benoist, ex Supergirl che dovrebbe sembrarci credibile nei panni di madre di un adolescente), tossicodipendente in fase di recupero, cerca di rientrare nelle grazie della famiglia, tra traumi infantili e momenti da recita scolastica.

The Waterfront, recensione: Quando il colpo di scena è troppo

Il tutto procede a ritmo serrato: ogni episodio introduce almeno un colpo di scena, spesso del tutto implausibile, ma sempre progettato per spingere lo spettatore a cliccare "Prossimo episodio". Non c'è tempo per costruire il pathos o per lasciar respirare lo spettatore (questo non per colpa di Williamson, ma di queste stagioni da 8 episodi. Vi ricordate quando erano da 22? Bei tempi che comunque non rimpiangiamo). In ogni caso, l'ideatore sembra aver premuto il tasto "dramma" a caso su una tastiera e quello che ne esce è un flusso di eventi che trasforma Havenport in una Medellín da discount, dove a ogni angolo si cela un cartello o un tradimento.

The Waterfront

I personaggi, la sorpresa Topher Grace e quelle location che non bastano

I personaggi funzionano a malapena. Cane Buckley è forse la figura più vuota e inutile della serie: un Pacey Witter rimasto con i capelli ossigenati a cui la vita è andata male, senza neanche l'ironia. Intorno a lui ruotano figure prevedibili e poco approfondite, nonostante il palese tentativo di costruire un minimo di backstory (che spesso si traduce in monologhi forzati o flashback da soap). Fa eccezione, forse, Peyton (Danielle Campbell), sua moglie, che riesce a brillare in mezzo al grigiore generale grazie a una sorprendente presenza scenica e un tocco di ambiguità che ti fa venire voglia di saperne di più della sua storia.

The Waterfront

Si salva, sorprendentemente, anche l'elemento più ridicolo: Topher Grace nei panni di un assurdo ma irresistibile signore della droga locale. Sociopatico e sopra le righe, è il jolly che salva le cose quando tutti sembrano prendersi troppo sul serio. E poi le location: chi ha amato Dawson's Creek riconoscerà quei tramonti e quei pontili su cui Dawson e Joey parlavano più di quanto sia umanamente consentito a due sedicenni (The Waterfront, per chi ancora non lo sapesse, è girata a Wilmington, stessa città che aveva ospitato oltre 25 anni fa le riprese del teen drama). Ma mica basta. Ok, qualche dialogo riesce persino a strappare un sorriso, soprattutto quando Williamson rispolvera la sua vena più ironica, ma si tratta di sprazzi. Il resto è un susseguirsi di cliché. The Waterfront questo è, alla fine: l'esempio perfetto di quello che succede quando dimostriamo a Netflix che ci va bene tutto, purché sia veloce, drammatico e con svolte narrative improbabili. È la soap estiva che ci meritiamo, forse. Perfetta per spegnere il cervello durante le giornate torride, magari in vacanza. Ma non aspettatevi lo chalet a cinque stelle di Ozark. Qui al massimo ci fermiamo al gioco aperitivo del villaggio vacanze.



  • Giornalista professionista
  • Appassionata di Serie TV e telespettatrice critica e curiosa
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