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The Crown, quando il movimento diventa arte: Intervista alla movement coach Polly Bennett

In The Crown tutto è curato nei minimi dettagli e anche dietro al più piccolo movimento degli interpreti c'è uno studio: ne abbiamo parlato con Polly Bennett, movement coach e coreografa della serie Netflix.

The Crown, quando il movimento diventa arte: Intervista alla movement coach Polly Bennett

Lo sguardo basso di Diana, l'impercettibile movimento involontario della bocca di Carlo, l'atteggiamento austero del Principe Filippo. Se le star di The Crown sono state in grado di riprodurre, con le loro interpretazioni, molte delle caratteristiche dei personaggi che hanno portato sullo schermo, il merito è anche di Polly Bennett. Il suo è stato un lavoro fondamentale sul set: come movement coach e coreografa, ha avuto il compito di coordinare il movimento fisico degli attori, in modo che questi assomigliassero - senza diventare però una "macchietta" - ai loro personaggi. Inoltre ha coreografato tutte le scene di ballo, come quella che nell'ottavo episodio della sesta stagione - ambientato in parte nel 1945, subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale - ha visto protagonista una giovane Elisabetta II (interpretata da Viola Prettejohn). Ora che il suo lavoro in The Crown è terminato, Bennett può tirare le somme e parlare con noi di Comingsoon.it della sua esperienza.

Com'è stato tornare al lavoro sapendo che sarebbe stata la sesta e ultima stagione?

Mio Dio, sapevamo tutti che prima o poi sarebbe successo. Quindi quando siamo tornati a provare, sapevamo che sarebbe stata l'ultima volta che lo facevamo ed è stato in un certo senso liberatorio e anche nostalgico. Perché ricordi anche tutto quello che è successo prima. Ma è fantastico averne passate così tante.

Potrebbe spiegare ai non addetti ai lavori cosa fa un movement coach, qual è il suo ruolo in una produzione?

Lavoro come movement coach (letteralmente coordinatrice dei movimenti ndr.)  e coreografa. Si tratta di due ruoli, ovvero di gestire il movimento fisico, la narrazione, il lavoro sui personaggi e poi i passi di danza al ritmo della musica. Quindi, in realtà, quando lavoro come movement coach con il cast, lavoro su come far esplodere la narrativa fisica per i personaggi che interpretano. Quindi cerco di sfatare l'idea che il compito degli attori sia imitare o copiare ciò che fanno i personaggi che il pubblico già conosce. Piuttosto devono lavorare per interpretare fisicamente la propria storia con la propria narrativa. Quindi lavoro su tutto ciò che i personaggi devono fare fisicamente per prepararli ad andare sul set con molte idee che i registi poi acquisiscono.

The Crown

Considerando sia il suo ruolo di coreografa che quello di movement coach, quali scene della sesta stagione sono state le più importanti per lei?

Mi è piaciuto tornare agli anni '40. Mi è piaciuto tornare indietro nel tempo quando abbiamo visto la regina e la principessa Margaret prima che sapessero cosa sarebbe successo. Penso che quella che vediamo in questa stagione sia una narrazione straordinaria che mette davvero in risalto l'idea di sorellanza e il tipo di sfide di responsabilità a cui erano chiamate. E stavamo girando quelle scene subito dopo la morte della Regina. Quindi ci è sembrato un vero omaggio alla persona che abbiamo servito per tutto questo tempo. Ma dovevamo farlo guardando indietro alle sue origini. E questo è stato davvero sorprendente.

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Ripensando alla serie nel suo insieme, che ricordi si porta dietro?

Voglio dire, in termini di eventi, lavorare su quella scena di ballo in cui la Regina tiene gli occhi aperti prima che tutto diventi troppo serio è stato un vero dono. Ho lavorato con molti artisti di cabaret, drag artist e ballerini swing, quindi ho potuto portare molte persone che conoscevo nello spazio di The Crown, e penso che sia un vero dono come creativo poter contare sulle persone che ti sono state accanto quando stavi crescendo. Quindi mi è davvero piaciuto poter condividere quell'esperienza con loro e avere degli artisti incredibili in quell'episodio, che animano e intrattengono le persone. In termini di ciò che ho imparato, ho davvero amato lo studio generazionale di una famiglia come persone in movimento, in cui guardo sempre la fisicità delle persone e cerco di capire perché si muovono in quel modo. Avere il dono di essere in grado di studiare quattro generazioni di persone e di tenere traccia del tipo di fisicità che vive tra le persone e di come sono cambiate le cose, oltre a comprendere come traumi psicologici, eventi ed esperienze possono cambiare il tuo corpo. Penso che sia stata una vera lezione per me come movement coach e tutto ciò che ho imparato in The Crown lo sto utilizzando in molti altri lavori. E penso che questa sia una testimonianza del fatto che il team di produzione, gli autori e i registi sappiamo che il movimento può essere una parte davvero vitale della produzione.

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