The Crown e l'importanza della voce: Intervista a William Conacher, dialect coach della serie
Non solo interpreti magnifici e sceneggiature che lasciano il segno: se The Crown è un successo è merito anche degli artisti che, dietro le quinte, hanno curato i dettagli. Come William Conacher che ha insegnato agli attori a parlare e usare bene la voce per immedesimarsi nei personaggi. Lo abbiamo intervistato.

- Il lavoro di William Conacher in The Crown
- Realtà contro licenza artistica: La grande questione di The Crown
- La cura degli accenti nella sesta stagione
Assomigliare senza imitare. È questo, fondamentalmente, il compito a cui sono chiamate le star di The Crown fin dalla prima stagione. Il drama biografico che ripercorre la storia della Corona inglese a partire dagli anni '40 ha seguito i membri della famiglia reale attraverso i decenni. Tre cast diversi si sono passati il testimone dalla prima alla sesta stagione, ora disponibile su Netflix con i primi 4 episodi (i restanti 6 arriveranno il 14 dicembre). Eppure il livello artistico e recitativo è sempre stato superlativo. Se vi siete emozionati guardando le loro interpretazioni, il merito è anche di William Conacher, storico supervising dialogue coach e dialect coach della serie. Il suo lavoro consiste proprio nell'assicurarsi che tutti i personaggi sullo schermo assomiglino il più possibile alle persone reali, ma senza che gli attori siano costretti a fare un'imitazione. Arrivato alla stagione finale, Conacher ha tirato le somme con noi di Comingsoon.it parlando della sua esperienza nella pluripremiata serie Netflix e svelando qualche curiosità. Tipo che l'accento dei membri della famiglia reale, che a un orecchio non attento può sembrare perfetto ed elegante (posh, dicono gli inglesi), nasconde diverse inflessioni dialettali che rendono davvero unico ciascun personaggio.
Il lavoro di William Conacher in The Crown
Il sodalizio tra William Conacher e l'ideatore di The Crown Peter Morgan è iniziato nel 2014, quando i due hanno collaborato alla pièce teatrale The Audience. "Era in quel periodo che Peter Morgan e Steven Daldry stavano sviluppando The Crown, quindi ho partecipato al progetto fin dal suo inizio. Suppongo che il mio ruolo si sia evoluto immediatamente perché non sapevamo davvero come sarebbe stata la serie o se fosse possibile far sì che gli attori assomigliassero in qualche modo alle persone reali", racconta William Conacher. Per fare questo, inizia a lavorare con gli attori fin dai casting e il processo di preparazione può partire anche un anno prima delle riprese. Così ha fatto, per esempio, con Imelda Staunton e Elizabeth Debicki, le interpreti della regina Elisabetta II e della principessa Diana nelle stagioni 5 e 6. Ma Conacher ha bellissimi ricordi anche delle star che hanno avuto il compito di introdurre agli spettatori i personaggi nella prima stagione, vale a dire Claire Foy, Matt Smith, Ben Miles e Vanessa Kirby. "C'è stato un 'matrimonio' davvero meraviglioso e felice tra me, Claire, Matt Smith, Ben e Vanessa. Il cast della prima stagione è stato fantastico nel comprendere le persone che interpretavano. Funzionavano e sembravano davvero i loro personaggi. E questa è stata una delle cose che gli spettatori hanno apprezzato di più quando la serie è uscita", ricorda.
I cambi di cast e l'evoluzione delle epoche
Il primo scoglio da superare è stato il primo cambio di cast nella terza stagione quando a Claire Foy e Matt Smith sono subentrati Olivia Colman e Tobias Menzies nei panni della regina Elisabetta e del Principe Filippo. "Siamo stati un po' sotto pressione, perché tutti dicevano quanto fosse stata magnifica Claire. Sembrava proprio la Regina, parlava come la Regina, quindi bisognava trovare qualcuno che facesse lo stesso. La stagione 3 ci ha messo davvero sotto pressione perché le persone pensavano 'come faranno con un nuovo cast?'. Solo arrivati alla quinta stagione, quando era già stabilito che il cast cambiasse ancora, c'era meno pressione. Anche perché avevamo a che fare con storie molto più moderne. Quindi direi che il mio lavoro in The Crown si è evoluto molto, ha raggiunto il picco nella quarta stagione e poi si è stabilizzato", spiega il dialect coach.
Realtà contro licenza artistica: La grande questione di The Crown
In questi anni The Crown ha sì ricevuto unanimi elogi ma è stata anche spesso criticata per alcune scelte artistiche che, in alcuni punti, hanno fatto sì che la serie si allontanasse dalla realtà dei fatti. Si tratta, in realtà, perlopiù di interpretazioni che Peter Morgan e gli autori della serie hanno voluto dare a certe situazioni. Chi sa davvero, per esempio, cosa si dissero la Regina e Michael Fagan, l'uomo che nel 1982 si intrufolò nella camera de letto della sovrana a Buckingham Palace? O quali furono le reali conversazioni che portarono il Principe Carlo e la Principessa Diana a decidere di divorziare? Certe situazioni sono state ricostruite e sono, per questo, al massimo verosimili. A proposito delle libertà artistiche che gli autori si sono presi, William Conacher ci tiene a chiarire: "The Crown non è un documentario. È una serie drammatica. È automaticamente non autentica a causa della musica e anche l'illuminazione non è reale. Niente lo è. Gli attori indossano parrucche e trucco. Come può tutto questo essere reale? Mi sembra proprio una critica insensata". Dall'altro lato, tuttavia, il dialect coach precisa: "Non siamo legalmente autorizzati a distorcere le cose in modo che non siano vere. C'è un intero dipartimento legale che ci impedisce di fare cose del genere".
La cura degli accenti nella sesta stagione
La sesta stagione di The Crown copre gli anni che vanno dalla fine del 1997 al 2005. "Improvvisamente mi sono ritrovato a lavorare con un diciannovenne che non era neanche nato allora. E le persone parlavano in modo diverso. Non è tanto l'accento, ma lo slang. Se ascoltate i telegiornali di quel periodo, è incredibile come si possa sentire la storia. Suonano così vecchio stile!", osserva William Conacher. Ma cosa significa riuscire davvero a far proprio il modo in cui parlano i reali inglesi? "Ciò che la gente non capisce è che i reali non necessariamente parlano bene. Sono solo in parte eleganti e il loro accento riflette il tipo di background che hanno avuto, e la combinazione può essere piuttosto difficile da capire. Quindi a volte il lavoro che faccio con l'attore è un lavoro di sottrazione più che di aggiunta", spiega.
Arrivato alla fine della sua fortunata esperienza, Conacher è particolarmente orgoglioso di tutto il lavoro che ha fatto negli ultimi anni, soprattutto perché The Crown gli ha dato la possibilità di far conoscere un'attività, come quella del dialect coach, che solitamente passa in secondo piano ma che è invece di estrema importanza per la buona riuscita di una serie biografica come questa. "La possibilità di mettere il lavoro vocale in primo piano e al centro. Questo dovrebbe essere un lavoro invisibile e di cui la gente non parla, il che ovviamente è giusto, ma a volte è bello avere la possibilità di farlo! Ed è quello che sento che The Crown ha fatto per me e quello che ho avuto la possibilità di fare io per la serie. Quindi questo è ciò di cui vado più orgoglioso", conclude.