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M - Il Figlio del Secolo: un'opera potentissima da cui si esce sconvolti e ammirati

Arriva in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in streaming il 10 gennaio, M - Il figlio del secolo, con Luca Marinelli. Otto puntate dal romanzo documentario di Antonio Scurati che raccontano l'ascesa al potere di Benito Mussolini. Ecco perché non potete perderlo.

M - Il Figlio del Secolo: un'opera potentissima da cui si esce sconvolti e ammirati

Ormai ci siamo! Il 10 gennaio approderà in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW coi primi due episodi, la nuova serie Sky Original M - Il figlio del secolo, tratto dal primo e ponderoso primo volume (su 4, al momento) del “romanzo documentario” di Antonio Scurati, che racconta l'ascesa del fascismo in Italia attraverso la figura del suo demiurgo e degli uomini e delle donne che lo circondavano e che lo assecondarono, lo subirono e lo favorirono, ma anche delle sue vittime, di quelli che non si rassegnarono alle minacce e alle atroci violenze, che si ribellarono e pagarono con la vita la difesa di uno Stato di diritto debole e diviso, consegnato da una classe politica inerte ad una disastrosa dittatura. Qualunque cosa voi sappiate o pensiate di sapere di quel periodo oscuro della nostra storia, di un modello dispotico nato qua ed esportato in tutto il mondo, mai epurato e ancora sconosciuto nei dettagli a chi ne propugna “le cose buone”, vi consigliamo di vedere quello che a scuola non viene quasi mai insegnato in maniera efficace e che arriva sui nostri schermi sotto forma di otto episodi di taglio squisitamente cinematografico. Avendo avuto il privilegio di vederlo al cinema in un'unica giornata, ci rendiamo conto che è una serie pensata e immaginata come un solo film, oltre che di un'opera di grande bellezza, importanza e coraggio. Così la consideriamo e ci dispiace che non arrivi anche al cinema come ormai è d'uso per tanti prodotti seriali. Non ne conosciamo i motivi ma possiamo immaginarli, dati i tempi bui in cui viviamo, diretta conseguenza di quegli avvenimenti di un secolo fa, quando un ex socialista emiliano, Benito Mussolini, di umili origini, figlio di un fabbro, maestro elementare, poi sindacalista, giornalista e fondatore del movimento più reazionario di tutti, contro tutte le previsioni cambiò il corso della nostra storia in modo irrevocabile e catastrofico.



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Perché M – Il Figlio del secolo parla anche (a tratti esplicitamente) del presente, di noi, anzi ci parla, infrangendo la cosiddetta quarta parete, attraverso la figura dell'uomo bifronte che vuole conquistarci e convertirci e si rivolge direttamente a noi spettatori, in una geniale intuizione degli sceneggiatori Stefano Bises e Davide Serino, che con la collaborazione dello stesso Antonio Scurati, compiono un difficile e magistrale adattamento del testo originale, e in questo modo ci coinvolgono come testimoni e potenziali complici fin dall'inizio. Un espediente assente dal romanzo, costruito con l'ausilio di documenti ufficiali e con la minima intrusione dell'autore, che non cambia la sostanza delle cose, ma che ci conduce direttamente all'interno della narrazione. Se si è parlato di capolavoro per questa serie fin dalla sua prima mondiale al festival di Venezia, per una volta non lo si è fatto tanto per dire. E' sorprendente come l'opera di Scurati abbia dato vita a risultati eccelsi tanto a teatro, con lo splendido adattamento di Massimo Popolizio (che genialmente divideva con Tommaso Ragno la doppia personalità di Mussolini), quanto sullo schermo, come raramente avviene nel caso di trasposizioni di questa portata.

Si percepisce da ogni fotogramma lo sforzo produttivo, artistico e creativo dietro a ogni singola scelta. Della incredibile performance di Luca Marinelli (al quale auguriamo tutti i premi possibili, anche come risarcimento alla sofferenza che deve avergli procurato il ruolo) è già stato abbondantemente detto: è lui il motore della storia, continuamente in scena, in una interpretazione che non è parodia né imitazione ma che restituisce l'essenza del personaggio, anche se la splendida direzione d'orchestra di Joe Wright esalta nel carattere corale l'apporto dei singoli talenti coinvolti, in scena e dietro le quinte. M – Il figlio del secolo è una visione coinvolgente e sconvolgente al tempo stesso: i primi episodi sono parossistici, l'azione prevale, la brutalità ha via libera e i protagonisti sono immersi, ebbri, in un bagno di violenza impressionante. La base del fascismo sta nel manganello, nella frenetica espressione della forza bruta del branco armato contro i singoli o i pochi inermi, in quei “cani da guerra” che Mussolini manipola come marionette, di cui si serve per ottenere i suoi scopi senza sporcarsi le mani in prima persona (tutt'al più lui sfida a duello gli avversari) e che a volte stenta a tenere a freno. Così come non controlla i suoi impulsi sessuali, in un'ansia di possesso del corpo femminile che non guarda all'età (dalla sua più anziana mentore, consigliera e dirozzatrice, Margherita Sarfatti, alle giovani segretarie), e considera sua proprietà di diritto, trattando le amanti ribelli crudelmente (la povera Ida Dalser e il figlio Benito Albino), magnanimo con chi sta “al posto suo”, riservando a Rachele il ruolo di moglie casta e paziente.

Inutile raccontare la storia, che inizia nel 1919, poco dopo la fine della prima guerra mondiale, e termina in quel fatidico 3 gennaio 1925, quando Mussolini pronuncia di fronte a un Parlamento ormai inerme e rassegnato, il discorso con cui si assume ogni responsabilità del delitto Matteotti e delle azioni dei suoi cani da guerra, decretando ufficialmente la morte della democrazia e la sua conquista del potere. Come tutti i dittatori, anche Mussolini h bisogno di essere amato, adulato, blandito, obbedito: ha una visione chiara del momento storico (“io sono come le bestie, sento l'aria che tira”), gioca le sue partite da baro su più fronti, sfruttando le altrui debolezze e nascondendo gli assi anche ai suoi più stretti collaboratori. Da uomo nuovo sconquassa il sistema ottocentesco di gente come Facta e Giolitti, approfitta della codardia del re, delle divisioni interne dell'opposizione (un altro triste riverbero di quello che accade oggi...), fa leva su seguaci più estremisti di lui e sulle loro frustrazioni, dà ordini senza darli e alla fine si ritrova solo e tanto amore, come vediamo all'inizio nelle vere immagini di piazzale Loreto, si tramuta in odio. Ma lì ovviamente la storia non arriva, è Mussolini è uno spettro che vuole convertirci alle sue idee, convinto che lo amiamo ancora. Ad una prima parte appunto frenetica, come un assalto frontale ai sensi dello spettatore, ne segue una più lenta e riflessiva in cui l'uomo, dopo il delitto Matteotti che tutto potrebbe far saltare, litiga coi suoi fantasmi e tradisce ancora una volta chi gli è sempre stato vicino.

Tra i punti di forza dell'adattamento, l'idea degli autori di affiancargli sempre Cesarino Rossi, l'amico fascista della prima ora, il consigliere fiorentino acuto e senza scrupoli, quasi un doppio del duce, la sua ombra, un grillo parlante che gli dà sui nervi ma di cui non può fare a meno e che finirà ovviamente per abbandonare al suo destino chiedendogli di scontare le sue colpe. E' un personaggio interpretato con straordinaria bravura da un attore giovanissimo e ancora poco conosciuto come Francesco Russo, che ci dimostra quanto talento esista nel nostro paese e come raramente trovi il giusto spazio in una realtà audiovisiva che non gli permette di emergere a pieno. Se Marinelli, dicevamo, offre una prova davvero incredibile, e già apprezzavamo Barbara Chichiarelli, perfetta nel ruolo della Sarfatti, siamo rimasti genuinamente colpiti dalle interpretazioni di Benedetta Cimatti (donna Rachele), Lorenzo Zurzolo (Italo Balbo), Federico Majorana (Amerigo Dùmini). Federico Mainardi (Albino Volpi), Gianmarco Vettori (Dino Grandi) dei sempre ottimi Maurizio Lombardi nei panni del generale De Bono e Paolo Pierobon in quelli de Comandante D'Annunzio, ma soprattutto da Gaetano Bruno, che ci regala un commovente, indomabile, tragico Giacomo Matteotti, l'uomo rimasto solo contro tutti, eroe puro votato al martirio, e dal napoletano Vincenzo Nemolato che offre un ritratto fantastico del patetico Sciaboletta, il re sabaudo Vittorio Emanuele III, su cui resta lo stigma di avere di fatto affidato l'Italia al dittatore. Un cast di siffatto livello trova in Joe Wright, che ha la giusta distanza dall'argomento, essendo inglese, per capire e rendere tutte le sfumature di quello che viene raccontato, un grande regista.



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Le canzoni d'epoca e la splendida colonna sonora di Tom Rowlands dei Chemical Brothers scandiscono il ritmo di una storia che vorremmo potesse cambiare, alla Tarantino, ma che è successa proprio così come viene raccontata. Si esce cambiati dalla visione di M – Il figlio del secolo, un'opera in cui il riso si gela sulle labbra e il grottesco di certe figure non ci permette di prenderle sotto gamba perché sappiamo cosa sono state capaci di fare. Il fatto che oggi molti le prendano a modello è una conferma della necessità di una serie che ci chiama in causa, perché noi siamo stati e in parte siamo ancora quelli, convinti che l'uomo forte manterrà tutte le promesse e farà arrivare i treni in orario, salvo poi ritrovarci a piangere milioni di morti e ad auto assolverci perché, in fondo, noi Italiani siamo brava gente e quelli cattivi sono gli altri. Al di là di come la si pensi, la visione di M – Il figlio del secolo, dal 10 gennaio su Sky e in streaming su NOW, è vivamente consigliata a tutti.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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