Romulus: siamo stati sul set della serie ideata da Matteo Rovere
Ecco tutto quello che c'è da sapere su una megaproduzione Sky e Cattleya che c'entra solo fino a un certo punto con Il Primo Re.

Fa caldo ma non caldissimo sul set di Romulus, una serie originale Sky prodotta da Sky, Cattleya e Groenlandia, distribuita da ITV Studios e che intreccia storia e leggenda nella ricostruzione della nascita di Roma. Si respira, insomma, fuori dai camion che si fanno compagnia nel cosiddetto campo base (che si trova nei terreni di Cinecittà World), perché il sole è coperto da una fitta coltre di nubi. Siamo arrivati in loco con le scarpe da ginnastica ai piedi, perché ci sono sassi e polvere e, mentre beviamo caffè e mangiamo frutta fresca, la nostra attenzione viene attirata da un pentolone da strega dove qualcuno sta rimestando vigorosamente. Ci avviciniamo e notiamo che nel recipiente ci sono dei pezzi di stoffa intrecciata che un uomo alto sta tingendo. "Sono tutte fibre naturali" - ci dice, mentre si avvicina a noi la costumista Valentina Taviani. Ha lavorato per Il Primo Re di Matteo Rovere, e proprio Matteo Rovere è l'ideatore di Romulus, lo showrunner, nonché il regista dei primi due episodi della prima stagione e di parte dell'ultimo, che durano ciascuno 50 minuti.
La Taviani ci conduce all'interno di alcuni capannoni dove sono custoditi i costumi dei vari popoli che si avvicenderanno nella nostra lunga storia, che si svolge in un mondo arcaico dove tutto è sacro e quasi tutto brutale: "La nostra unica fonte di informazioni sono state delle tombe, in cui abbiamo trovato una Kardiophylax, una grossa placca di metallo che i soldati indossavano sul cuore per proteggerlo. Per il resto abbiamo lavorato di fantasia, anche se ci siamo lasciati affiancare da validi archeologi, che ci hanno detto, per esempio, che i colori che si utilizzavano erano il rosso, l'ocra, il marrone, il nero. Il blu non c'era. Quanto al verde, l'abbiamo usato con parsimonia". Valentina Taviani ci spiega poi che ogni popolazione della serie avrà un suo colore e ci mostra una piccola montagna di sandali, quindi ci tiene a spiegarci che, al contrario di quanto è accaduto per Il Primo Re, solamente gli elmi sono stati noleggiati. Il resto è stato creato per "restare", il che magari significa che Romulus potrebbe arrivare a 5,6, 8 stagioni, proprio come un The Wire o un Breaking Bad.
Nella seconda parte del nostro tour ci fanno da guida il Production Designer Tonino Zera e l'Art Director Riccardo Monti. Ci conducono in una capanna, la casa di Amulius, fatta di argilla e pietra e con tende alle finestre. Per esigenze di ripresa ha un doppio ambiente. Ne hanno ricostruite circa una ventina, compreso il Tempio di Vesta che sta su una collinetta. Anche loro si sono affidati a un pool di "espertoni", tenendo a mente la Capanna di Fidene del 740 Avanti Cristo ma prendendosi qualche licenza poetica e soprattutto realizzando strutture più complesse di quelle che ricordiamo nel Primo Re. Il lavoro di preparazione ha richiesto 6-7 mesi, quello di costruzione 2, il tutto nel rispetto dell'ambiente. Il risultato è ottimo, a giudicare anche dalla casa del Re, in cui ammiriamo un bel pozzo in resina e la sala del trono.
Le riprese di Romulus sono cominciate i primi di giugno per andare avanti per 28 settimane. Gli altri due registi della serie sono Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale. Li incontriamo insieme a Rovere, ai tre protagonisti (Andrea Arcangeli, Marianna Fontana e Francesco Di Napoli) e a Riccardo Tozzi di Cattleya e Nils Hartmann, Direttore delle produzioni originali Sky Italia. E’ quest’ultimo ad aprire le danze e a dichiarare orgogliosamente: "Sky è ancora una volta la casa del talento. Abbiamo lavorato con Sollima, Sorrentino, Ammaniti, oggi siamo qui con Rovere, Artale e Alhaique e un cast giovanissimo e straordinario che mi riporta alla memoria quello di Romanzo Criminale. Questa è un’opera di grande orgoglio, una cosa del genere non l’abbiamo mai fatta prima". Romulus coincide per Sky con un’importante novità: "La serie capita in un momento in cui abbiamo da poco annunciato una nuova realtà che si chiama Sky Studios ed è supportata da Comcast. Si tratta una power up di produzione che mette a fattore comune quello che facciamo noi in Italia e quello che fanno i nostri colleghi inglesi e i nostri colleghi tedeschi per raddoppiare per i prossimi 5 anni gli investimenti sui prodotti locali come questi, ma anche su produzioni internazionali".
A proposito di produzioni internazionali, Romulus non ha davvero nulla da invidiare ai suoi cugini americani o spagnoli. La serialità italiana, secondo Tozzi, è una bomba: "La nostra serialità continua a svilupparsi, c'è tantissima produzione e c'è tantissima domanda sul mercato mondiale, il che ci impone delle responsabilità, dobbiamo andare avanti e fare cose coraggiose, e questa certamente lo è”. Poi Mr. Cattleya racconta che l'idea di Romulus è nata ancora prima del Primo Re e sottolinea quanto l'esigenza di realismo abbia determinato ogni scelta: "Abbiamo lavorato con un'equipe scientifica di primissimo ordine e siamo arrivati a un'immagine che è totalmente lontana dallo stereotipo che abbiamo del peplum. Questa non è la nostra produzione più costosa, ma è senz’altro la più complessa".
Qualcosa in più sulla trama della serie ce la svela Rovere, che grazie, all’esperienza del film con Borghi e Lapice, è arrivato sul set di Romulus con un know how tecnico anche legato alla postproduzione allineato alla contemporaneità internazionale: "La serie non ha nessuna parentela con il film. Mentre studiavo il mito della fondazione di Roma con lo sceneggiatore Filippo Gravino, mi sembrava ci fossero in nuce due questioni fondamentali: una legata all'arcaicità, alla costruzione della comunità, ed è ciò che abbiamo tentato di esplorare ne Il Primo Re. Dall'altra parte, esisteva un racconto molto ampio e molto diffuso, realistico, incentrato sul potere e su un momento nella storia in cui qualcosa cambia. Questo momento è stato identificato in maniera convenzionale con il 753 Avanti Cristo, quando l'ordine politico dell'Occidente subisce un mutamento che poi sarà importante per i secoli a venire". Poi Rovere entra nello specifico e spiega: "Il Primo Re narrava la leggenda della fondazione di Roma come fosse reale. Romulus racconta invece cosa sia accaduto realmente nell’VIII° secolo avanti Cristo, e cioè i movimenti fra le 30 tribù latine del Lazio che poi genereranno un qualche cosa che sarà interpretato in Età Imperiale come la leggenda di Romolo, Remo e la lupa".
Poi Matteo Rovere passa la palla passa ad Alhaique e Artale, che ringraziano sentitamente il collega per aver cercato insieme a loro un linguaggio visivo comune, e se il secondo dice: "Il valore aggiunto di questa serie è la riappropriazione di un certo immaginario che non riguarda strettamente il mito fondativo di Roma ma la cultura classica in generale", il primo rivendica l'universalità di Romulus: "La serie ha un forte attaccamento alla contemporaneità perché i sentimenti che provano i nostri personaggi principali sono universali, riconoscibili, anche perché tutti e tre passano dall’adolescenza all'età adulta, momento che ognuno di noi ricorda come fondamentale".
Andrea Arcangeli, Marianna Fontana e Francesco Di Napoli condividono invece con noi la loro esperienza con la lingua protolatina. "L'approccio con il protolatino è stato traumatico" - dice Arcangeli, che interpreta il principe Iemos - "perché non avevo idea del modo in cui rendere credibile la lingua, che in alcuni momenti è simile all'italiano però è anche molto diversa. Il gioco è stato riuscire a dare questo senso di arcaicità a un linguaggio scarno e semplice". La Fontana, che impersona la vestale Ilia, aggiunge: "Sono molto contenta di questo personaggio femminile che è come una lama che spezza il racconto fra Iemos e Wiros, il personaggio di Francesco. Adoro il protolatino perché è una lingua musicale, e, in questo caso, è la musica del mio personaggio". "Questa serie per me è importantissima" - conclude Di Napoli - "perché uscendo da La Paranza dei Bambini, che è un film napoletano, posso dimostrare a tanta gente che non so fare solo il napoletano. Wiros parte come uno schiavo che piano piano si fa onore, lo sento molto vicino, soprattutto nelle paure iniziali che poi riesce a dissipare".
Prima di tornarcene nelle nostre case fresche di aria condizionata (nel frattempo il caldo è tornato ed è feroce), assistiamo a una scena, nella quale Iemos discute animatamente con il fratello Enitos che vorrebbe andar via da Alba Longa dove i due sono eredi al trono. Arcangeli e Giovanni Buselli la recitano, naturalmente, in protolatino, e, ascoltando attentamente, impariamo anche noi qualche parola di questa lingua: per esempio che "perdonami" si dice "ighnòske" e "Dove vai" "Kwo èysi".