M - il figlio del secolo, una straordinaria parabola fra l’ebrezza della violenza e i fantasmi del potere
Adattamento del primo romanzo del lavoro pop e rigoroso di Antonio Scurati su Mussolini, Il figlio del secolo, la serie Sky Original diretta da Joe Wright è una meraviglia, con uno straordinario Luca Marinelli. Potente e dolorosa, trascinante racconto dell'ascesa al potere di Mussolini. La recensione di Mauro Donzelli.
La paura si trasforma in odio, all’interno di una società ancora prostrata e ferita dalla guerra. È l’Italia che accompagnò Mussolini al potere, dopo una feroce lotta interna nelle campagne e le città, fra i contadini e i reduci, con chi cercava di rispondere alla dilagante violenza squadrista dei neonati Fasci di combattimento, soprattutto i comunisti e quei socialisti dalle cui fila era uscito pochi anni prima il leader del movimento, Benito Mussolini, inventore del populismo moderno europeo. Degno modello dell’amico Hitler.
Partendo dal vincitore del Premio Strega sulla nascita del fascismo in Italia e l'ascesa al potere di Benito Mussolini, il “romanzo documentario” di Antonio Scurati, che così ama definire la sua opera sul fascismo, M - Il figlio del secolo è un portentoso lavoro di adattamento capace di mantenere intatta l’energia, la violenza e la spaventosa carica perversa di questa parabola, inserendosi con grande attualità in uno società alle prese con una recrudescenza dei fascismi e degli estremi.
Lontano da un adattamento in costume tradizionale, questo lavoro in otto puntate che il regista ama collocare fra Scarface e il pionieristico regista sovietico di inizio Novecento, Dziga Vertov, è formalmente futurista e trascinante, capace di coreografare la violenza senza anestetizzarne la portata, di mantenere senza sconti l’ubriacatura di massa di un oceano di camicie nere, accompagnato dalla colonna sonora di Tom Rowlands dei Chemical Brothers. Ci voleva un regista britannico per farlo con tale implacabile lucidità, uno specchio davanti all’anima di un Paese e delle generazioni di allora e di oggi, mantenendo un’incredibile potenza narrativa e di intrattenimento. Wright non è italiano, quindi non è condizionato dalle ferite purtroppo ancora non suturate legate alla pagina più buia della nostra storia del Novecento, in un Paese allergico alla storicizzazione, al maturo confronto per superare senza scorciatoie, ma con una verità condivisa.
Joe Wright è uno splendido tessitore del rapporto fra un leader carismatico e i momenti cruciali della storia, come dimostra L’ora più buia, su Winston Churchill e con uno straordinario Gary Oldman. Non da meno è in M il nostro Luca Marinelli, con una trasformazione funzionale che non diventa mai posticcia. Il suo Mussolini è vitale e bugiardo, seduttivo e pronto a sfruttare ogni occasione e persona, anche lai più intima e fedele, per i suoi fini di circostanza. Viene reso con il carisma di chi spinse le folle, ma senza alcuna concessione alla fascinazione equivoca da rockstar. In questo Marinelli è assolutamente straordinario, in quella che per ora è l’interpretazione migliore della sua carriera. Quando si rivolge alla macchina da presa, riprendendo in questo modo il rivolgersi al lettore con il ritmo sincopato del romanzo, è coinvolgente e subdolo, al punto giusto e a fasi alterne.
Il lavoro di scrittura di Stefano Bises e Davide Serino è impeccabile, costruito su una prima metà sostenuta dal ritmo febbrile e trascinante a sostegno fascismo movimento, quello delle squadracce e dell’assalto ai palazzi, per poi nella seconda metà, una volta ottenuto il potere, grazie a una sequela di incredibili inettitudini e vergognosi sbandamenti democratici da parte di tanta parte delle istituzioni, a prevalere è l’introspezione delle stanze di governo, popolate da fantasmi, paure e tradimenti. Dalla violenza nelle strade a quella comandata a mezza bocca, fra interni soffocanti e una sempre più illusoria volontà di Mussolini di essere amato da tutti. Emerge il vero antagonista, quella figura da custodire sempre nella memoria collettiva di Giacomo Matteotti che, nella sua normalità coraggiosa dimostrò per una pagine troppo breve come si sarebbe potuto osteggiare con successo Mussolini e il fascismo. Sono momenti che si seguono con dolorosa ammirazione e ci portano alla conclusione delle otto puntate, e del primo libro di Scurati, con il triste discorso di presa di responsabile sul suo assassinio da parte di Mussolini, in Parlamento, nel 1925.
M - il figlio del secolo è un’opera di scavo senza precedenti in quegli anni e attraverso il linguaggio del cinema, con una cura filologica assoluta a una riuscita a livello di spettacolare e visivo, anche per un pubblico ampio, davvero memorabile. Grandiosa, per dirne una, la fotografia di Seamus McGarvey. Il tutto aprendo porte e spifferi sull’epoca che viviamo, con parallelismi lì da vedere ma non certo forzati, sulla maledetta tendenza a ripetersi della storia, quantomeno per le sue prodezze meno nobili. Una serie che rispetta il pubblico, senza didascalismi e con un cast di volti e interpretazioni di grande livello, senza condizionamenti per popolarità o curriculum. Basti pensare a Francesco Russo nei panni del fido Cesare Rossi o a una magnifica Barbara Chichiarelli in quelli di Margherita Sarfatti.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito