Whiskey Tango Foxtrot - recensione del film con Tina Fey e Margot Robbie
Tratto liberamente dal libro The Taliban Shuffle di Kim Barker è un divertente e intelligente sguardo al femminile sul mondo dei corrispondenti di guerra.
Poco conosciuta in Italia, se non tra gli appassionati di serie tv (sono sue creazioni 30 Rock e Unbreakable Kimmy Schmidt), Tina Fey – nome d'arte di Elizabeth... Stamatina Fey - è famosissima in patria. Muove i primi passi professionali nel celebre gruppo di improvvisazione teatrale Second City di Chicago, lo stesso di John Belushi, e dal 1998 al 2006 è una colonna portante del Saturday Night Live, dove passa da capo sceneggiatore a interprete e crea una memorabile imitazione del governatore dell'Alaska, la repubblicana Sarah Palin. Al cinema però è apparsa raramente e mai prima d'ora come protagonista. Eppure, come dimostra in questo Whiskey Tango Foxtrot (espressione militare il cui l'acronimo WTF sta per What The Fuck), di cui è produttrice e interprete, è una vera e propria forza della natura.
Il film, tratto da "The Taliban Shuffle – Strange Days in Afghanistan and Pakistan", titolo alla Hunter S. Thompson del fortunato e ironico libro della giornalista Kim Barker del Chicago Tribune sui suoi tre anni come corrispondente di guerra, si prende diverse libertà nell'adattamento, lasciandone però intatto lo spirito, tanto che la stessa autrice ne è stata entusiasta portavoce. La trasformazione della Kim reale in una reporter televisiva, ad esempio, era praticamente obbligata, visto che è più efficace mostrare quello che succede in diretta, piuttosto che raccontarlo. Whiskey Tango Foxtrot nei suoi momenti migliori sembra un Comma 22 dei nostri anni e come il classico del nonsense bellico di Mike Nichols dal romanzo di Joseph Heller o il Mash di Robert Altman bene descrive la pazzia che nelle zone di guerra regna non solo tra i militari ma anche tra i civili al seguito. Per la prima volta un argomento del genere viene affrontato da un punto di vista squisitamente femminile. Nonostante la regia sia affidata alla collaudata coppia Glenn Ficarra e John Requa (autori di Crazy, Stupid, Love e arguti sceneggiatori di Babbo Bastardo), non appartiene certo alla mentalità maschile il modo di vedere e parlare di guerra, lavoro, sesso e amore.
La protagonista ha un arco narrativo completo in cui, da goffa e stagnante 40something dell'inizio, diventa sicura di sé e vincente in un posto in cui - come tutti le fanno spietatamente notare - parte avvantaggiata dalla penuria di concorrenza. Kim è una donna credibile con tutte le idiosincrasie e le debolezze del suo sesso ma anche con la determinazione, il coraggio e l'incoscienza di una persona che deve e vuole vincere una sfida con se stessa. Solo un'attrice molto sicura di sé poteva sopravvivere al confronto con una bomba sexy come Margot Robbie, qui spiritosa, sboccata e ipersessuata amica/rivale della protagonista. Sono entrambe attrici intelligenti che ci dimostrano che l'alchimia sullo schermo nasce anche dalla capacità di affondare i denti con gusto in ruoli tradizionalmente riservati ai colleghi.
Il New Mexico del film sembra veramente l'Afghanistan, con i suoi paesaggi impervi, sfondo di una guerra ormai finita in un paese devastato dall'invasione russa prima e dalla pax americana poi, le cui vicende hanno perso di interesse agli occhi dei network e del pubblico, anche se gli abitanti sono alle prese con la pericolosa avanzata del radicalismo islamico e le donne, cancellate dagli indumenti, escluse dalla possibilità di istruirsi e liberarsi. Per rilanciare l'interesse generale ci vorrebbe uno scoop, come la cattura di Osama Bin Laden. Ma nel periodo tra il 2003 e 2006, nel paese si aggirano truppe guidate da generali dei Marine impiegate in inutili missioni da genio civile e in cerca di visibilità, riscatto e gloria (un'altra carismatica performance di Billy Bob Thornton), mentre una fauna variegata e perennemente affamata di notizie composta da tecnici, reporter, interpreti, fixer, mediatori e scorte convive nel pericoloso lavoro quotidiano mentre la notte, tornati sani e salvi, gli occidentali si sfrenano in party selvaggi.
A Kabubble (come l'ha ribattezzata la vera Kim Barker) si vive infatti all'interno di una bolla dove la normalità è sospesa e l'adrenalina detta il ritmo della quotidianità. Preda di una sorta di sindrome di Stoccolma, incapace di rientrare in patria prima di aver ottenuto un ultimo scoop, questa carovana di veterani non combattenti è un mondo distante anni luce da quello di cui documenta le sofferenze. Sono davvero tanti i temi, le osservazioni e gli spunti che emergono da Whiskey Tango Foxtrot, trattati con tono leggero e senza retorica, come ad esempio i piccoli, eleganti tocchi con cui si mostra, in una lontananza culturale che sembra incolmabile, l'amicizia tra Kim e il suo interprete Fahim, che può solo essere dichiarata ma non manifestata coi gesti d'affetto che noi diamo per scontati.
Ad arricchire la trama di un piccolo film le cui imperfezioni non nuocciono al godimento dello spettatore, ci sono gli altri interpreti: uno spassoso Martin Freeman, il fotografo di guerra scozzese imprevisto oggetto del desiderio della protagonista (una delle licenze poetiche del film), coinvolto in una love story buffa e imbarazzante, più plausibile di quelle che il cinema di Hollywood da sempre ci propina, e un esilarante Alfred Molina, lascivo e ipocrita governante locale che applica agli altri la morale del Corano mentre in privato vuole fa' l'americano (e farsi l'americana). E c'è anche una notevole colonna sonora, usata spesso in funzione di ironico contrappunto, tanto che quando si sentono le struggenti note del capolavoro di Harry Nillson Without You associate a una certa scena è impossibile non ridere. In conclusione, attrici come Tina Fey si dovrebbero vedere più spesso sul grande schermo. Il cinema americano di certo ne guadagnerebbe.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità