Vacanze ai Caraibi - Il film di Natale: recensione del cinepanettone 2015
Tornano Neri Parenti, Christian De Sica e Massimo Ghini con un classico del periodo, in una sorta di operazione nostalgia.
Formule per creare film di sicuro successo, è appurato, non ce ne sono, anche se i produttori venderebbero l'anima al diavolo per trovarle. Ma per fare alcuni generi di film ci sono dei ricettari ben precisi. Prendiamo ad esempio i cinepanettoni, a partire dal lontano capostipite, il vanziniano Vacanze di Natale del 1983, per proseguire con la lunga serie di apocrifi, imitazioni e originali, perfezionati con Vacanze di Natale '95, il primo della serie diretto da Neri Parenti, fino all'ultimo sotto l'egida di Aurelio De Laurentiis, Vacanze di Natale a Cortina (2011).
Gli ingredienti sono sempre quelli: su un canovaccio da pochade e in uno sfondo più o meno esotico o comunque extraroutine, con sponsor importanti e dunque un product placement sfacciato, si muove una variegata e in genere cialtrona umanità, sulla traccia di esili trame fondate su equivoci, parolacce, doppi sensi e sensi unici, comicità da gabinetto e grottesche situazioni sessuali. In questo senso forse non è del tutto sbagliato dire che quello dei film natalizi/vacanzieri è stato un cinema specchio di certa realtà del nostro paese e in cui il pubblico (soprattutto quello che va al cinema solo per le feste) non si riconosceva ma era sicuro di rivedere l'amico, il vicino dei casa o il collega. Come in America gli horror e i disaster movies degli anni Settanta attiravano attori anche famosi, questo tipo di film da noi ha coinvolto nel tempo non solo comici televisivi o starlette del momento, ma anche attori stranieri e interpreti di buon livello.
Piaccia o meno, è pur sempre un pezzo della nostra storia del costume: il problema, semmai, è cercare di capire se possa funzionare ancora. Sa tanto di operazione nostalgia, anche per questo, il ritorno alle origini di Neri Parenti e dei suoi sceneggiatori Martani e Brizzi che, forti della complicità dei ritornanti Christian De Sica, Massimo Ghini e Dario Bandiera, firmano con Vacanze ai Caraibi quella che sembra essere una versione revisionista del genere. Rispetto ai “tempi d'oro”, infatti, il cast è meno nutrito e anche il tema vacanziero è quanto meno stiracchiato. In vacanza vera e propria, su una gigantesca nave da crociera di un noto e sfortunato armatore (scelta poco spiegabile da parte dei due protagonisti, visto la sofferenza che provoca in entrambi) ci sono solo Luca Argentero nel ruolo di un precisino e noioso filologo (!) nordico e la scatenata Ilaria Spada nella parte di una bella e coattissima ragazza romana. Sono i classici opposti che si attraggono pur detestando tutto l'uno dell'altro e che ancora prima di sbarcare hanno cornificato e abbandonato i rispettivi. C'è poi la coppia composta da Angela Finocchiaro e Christian De Sica (stavolta il suo personaggio canaglia è accompagnato da due di pari cattiveria), con una figlia e una villa a Santo Domingo, che lui vuole vendere per riparare il baratro finanziario in cui si trova, all'insaputa della moglie svampita in lutto per il cane Otto. E c'è infine un siciliano schiavo delle nuove tecnologie che vive in un mondo – e in modo - esclusivamente virtuale (Dario Bandiera), che si reca sul posto per una celebre fiera mondiale del settore e finisce in modo rocambolesco su un isolotto deserto, in crisi di astinenza per mancanza di “campo”.
L'ossatura della storia è fragile, poco più di un canovaccio, tanto che per arrivare ai fatidici 100 minuti di durata si tira per le lunghe l'episodio principale, quello con Ghini e De Sica, in un crescendo di situazioni sempre più incredibili e risolte in modo frettoloso, mentre del tutto avulso dal contesto appare proprio l'one man show di Dario Bandiera. Ma la domanda fondamentale è: si ride o no? L'importante, con questo genere di film, è sapere cosa si va a vedere. Se lo si accetta per quello che è, qualche volta anche lo spettatore più prevenuto si lascia andare alla risata, anche se non gli piace ridere per certe cose: Christian De Sica e Massimo Ghini del resto sono due consumati animali da scena, a loro agio con l'iperbole come su un palcoscenico del varietà e si rimpallano la palla con convinzione, finendo per farci ridere anche quando non vorremmo.
A questo punto il responso tocca al pubblico, di cui non è facile indovinare la composizione: nostalgici quarantenni, adolescenti o insospettabili intellettuali? Di certo i produttori hanno fatto una scommessa temeraria, perché quest'anno in sala non ci sarà solo una sfida fratricida, ma anche un'impari battaglia contro il potere oscuro della Forza.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità