La recensione di Twilight, il film evento tratto dal romanzo di Stephenie Meyer
Twilight è esattamente il film che t’aspetti possa essere. Un film che soddisfa e rispecchia i fedelissimi dei libri della Meyer. La trama è basilare nel suo vaghissimo rifarsi ai citati modelli shakespeariani di Romeo e Giulietta, ma qui di veri ostacoli all’amore non ce n’è. La Hardwicke utilizza il suo dinamismo visivo per mimetizz...
Twilight è esattamente il film che t’aspetti possa essere. Un film che soddisfa e rispecchia i fedelissimi dei libri della Meyer.
La trama è basilare nel suo vaghissimo rifarsi ai citati modelli shakespeariani di Romeo e Giulietta, ma qui di veri ostacoli all’amore non ce n’è. La Hardwicke utilizza il suo dinamismo visivo per mimetizzare le brusche svolte della sceneggiatura che racconta l’evoluzione del rapporto tra Bella ed Edward quasi con fretta, superando con sbrigatività i già pochi conflitti e problematiche che vengono raccontati (“oddio sei un vampiro? Vabbe’ ti amo lo stesso”). Bisogna esser veloci, per stare al passo con la soglia d’attenzione di una generazione cresciuta a colpi di zapping e scambi di sms.
I vampiri vengono descritti con uno stile che fa molto MTV-Generation: via ogni traccia di gotico e di dandismo (presente solo in parte nel look boho-chic dei tre vampiri “carnivori”), i Cullen sono borghesi, ricchi, belli, eleganti, guidano macchine fichissime e son tutto tranne che maledetti. E anche i sottotesti legati all’eros e al sesso tipici del tema “vampirismo” (presenti in serie tv come Buffy ma soprattutto la recente True Blood) vengono praticamente del tutto annullati: ci si bacia pochissimo e con relativa castità, la paura di Edward di “perdere il controllo” rimanda chiaramente allo spauracchio del rapporto completo, ma tutto si ferma lì.
Perché il vampirismo, in Twilight, è poco più di un escamotage narrativo per raccontare un “grande amore” sdolcinato e vagamente problematico, la cui carica domina su ogni altro possibile aspetto del racconto. Un amore raccontato con un romanticismo iperadolescenziale da far invidia al nostro Federico Moccia, fatto di slanci appassionati e ingenui e condito da frasi stile Bacio Perugina da scrivere sul diario, più che sui muri.
D’altronde le ambizioni non erano altre. Se nella vita l’amore dell’adolescenza è fatto per metà da romanticismo idealista, per l’altra dalle pulsioni degli ormoni che scalpitano, nel mondo edulcorato di Twilight le seconde sono largamente minoritarie. E il risultato del film è senza dubbio perfettamente in linea con le aspettative e le necessità del target di riferimento.
Nota di merito per le splendide scenografie naturali, che la regista fotografa esaltando i toni del verde e desaturando invece le altre gamme, con un risultato a tratti quasi fantasy. La porta per il sequel è spalancata: per fortuna che a lasciarla aperta, varcandola, è stata Rachelle Lefevre.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival