Tutti lo sanno: recensione del film con Penélope Cruz e Javier Bardem apertura del Festival di Cannes 2018

09 maggio 2018
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Asghar Farhadi non spezza la "maledizione" legata ai film d'apertura di Cannes, che raramente sono memorabili.

Tutti lo sanno: recensione del film con Penélope Cruz e Javier Bardem apertura del Festival di Cannes 2018

"C’era una volta, nella Spagna solatìa…"
Potrebbe cominciare così, come la storia del Toro Ferdinando, il nuovo film di Asghar Farhadi. Solo che al posto di un placido toro che ama annusare i fiori, i protagonisti di Everybody Knows (o Todos lo saben, se vi piace l’originale spagnolo) sono i tanti, rumorosi e non troppo simpatici membri di una famiglia di un piccolo pueblo nelle campagne vicino Madrid, un tempo grande possidente e ora in difficoltà economiche.
Soprattutto, c’è la Laura di Penélope Cruz, che vive in Argentina, e che con i figli (ma senza il marito) torna a casa per il matrimonio di una delle due sorelle, e rivede la maggiore, i nipoti, l’anziano padre burbero, cognati, cugini e anche Paco/Javier Bardem: che lo capiamo subito essere stato una sua vecchia fiamma, e che scopriremo essere figlio della servitù di una volta, e che ora fa il vignaiolo - che va tanto di moda - proprio su quelle terre che un tempo appartenevano a lei.

Eccoli allora subito qui, i due perni attorno al quale il racconto di Farhadi si avvolge in maniera sinusoidale: da un lato il primato dell’economia, del denaro, e in qualche modo le questioni di classe; dall’altro i legami familiari, affettivi e sentimentali.
Sono abbastanza sicuro esista un vecchio adagio che mette in guardia dal mescolare queste due cose, e tutto Everybody Knows è, in qualche modo, una riaffermazione di quel vecchio principio, quando quello che comincia come una storia familiare rumorosa e ipercinetica in maniera vagamente mucciniana (c’è anche chi dice alla Pieraccioni, ma non ci spingiamo fino a tanto) si tramuta in un mistery funzionale al portare a galla tutte le vecchie ruggini legate a questioni di cuore e di portafoglio, e soprattutto un grande segreto che poi è un po’ di Pulcinella, come il titolo stesso del film suggerisce, e che lo è però anche per lo spettatore.
Piove - anzi, diluvia - e va pure via la corrente, guarda un po’, quando la scatenata e alcolicissima festa di matrimonio si tramuta in una notte d’inferno quando Laura si accorge che sua figlia sedicenne, un peperino dal dubbio senso dell’umorismo, è stata rapita, come accaduto anni prima a un’altra ragazzina della zona. Ma i perpetratori sono gli stessi professionisti di allora? O forse bisogna guardarsi attorno, in paese, magari perfino in casa? E perché anche la moglie di Bardem riceve i messaggini dei rapitori sul telefono?

Asghar Farhadi, finora, lo abbiamo sempre conosciuto come sceneggiatore molto abile, in grado di produrre intrecci capaci di scavare nella psicologia dei suoi personaggi, di raccontrare lo sporco e le incrostazioni che si annidano nelle pieghe dei rapporti sociali, il funzionamento difettoso delle istituzioni: sorprende, allora, e molto, come Everybody Knows sia un film che delude prima e soprattutto per come è scritto.
Lasciamo quindi stare l’eccessivo nervosismo (euforico prima, ansioso dopo) delle immagini e del montaggio, o lo sguardo fin troppo cartolinesco sulle architetture e i paesaggi rurali che il veterano José Luis Alcaine fotografa con un profluvio di luce dorata e di colori caldi e saturi: perché tutto sommato ci potrebbero stare, ci stanno.
Però, ecco, il tasso di didascalismo, prevedibilità e - ahinoi - approssimazione col quale l’iraniano racconta questa storia, e dialoghi che sembrano usciti da una soap opera (tanto che perfino a Cruz, e a Bardem, scappano in alcuni momenti reazioni in stile F4, scuola “Gli occhi del cuore” di René Ferretti), davvero non si riescono a spiegare.

Nonostante le intenzioni di Farhadi siano qui del tutto coerenti con quelle del suo cinema precedente, e se ne ritrovino delle dinamiche, qui non c’è quasi traccia della sua abilità esplorativa e descrittiva. Quella frizione tra passato e presente, tra sentimento e necessità, tra dovere e desiderio che Everybody Knows vuole raccontare in chiave familiare, e dalle quali cerca di trarre energia propulsiva, è lasciata tutta alle sue evidenze piò ovvie, e superficiali; e il mystery, in quanto tale, è gestito in modo impacciato.
Restano i volti (quando non basiti), certe sfumature sincere e ruspanti, la bellezza delle case, gli scorci della campagna. E il dolore silenzioso che, nel finale, sta tutto sulle spalle del (fortunatamente per lui) ben piantato Javier Bardem.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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