Transformers Il Risveglio: la recensione
Nuovo capitolo per la serie dedicata ai robot giocattoli della Hasbro. Transformers Il Risveglio è un nuovo prequel che si porta fra New York e il Perù degli anni '90. Molta azione e nuovi protagonisti giovani e marginali che devono salvare il mondo. La recensione di Mauro Donzelli.
La sfida fra il bene e il male, rappresentati da enormi esseri robotici che trasmettono potenza, alternativamente distruttrice o salvifica. Ma al loro fianco ci sono ragazzini tanto in gamba quanto poco considerati dalla società che li circonda. È questa fusione fra una Guerra da ammirare con il distacco del lettore dell’epica classica e il contributo di persone comuni diventati eroi inattesi in cui rispecchiarsi, a rappresentare la sfida principale di molto cinema blockbuster americano contemporaneo e sicuramente della saga dai natali piuttosto improbabile di Transformers. In fondo sono giocattoli (seppure iconici, targati Hasbro), e il bello è costruirci da bambini (ma anche da adulti, in fondo) le nostre avventure, stimolando fantasia e proiezioni epiche. Ecco, proprio quel ruolo lì, in una visione sempre più passiva, la svolgono anche in questo nuovo capitolo - e non ultimo - dei ragazzi che affiancano i robottoni.
Sono Noah (Anthony Ramos) e Elena (Dominique Fishback), versioni inclusive e con in primo piano le minoranze del Sam interpretato da Shia LaBeouf nei primi film della serie. Non più adolescenti ma ventenni. Lei è una stagista in un museo che si occupa di artefatti antichi, lui è un ex militare, pur essendo ancora molto giovane, in cerca di un lavoro per mantenere la famiglia, gravata da costi sanitari spropositati per curare malattia del fratellino. Siamo nel 1994, in modo da immergerci nella atmosfera di quel decennio a New York City, dopo aver sviscerato gli anni ’80 nel film precedente, Bumblebee, il sesto, il più ironico e nostalgico, capace di rivitalizzare una serie che sembrava inerte. Se quello era uno spin-off, qui ci troviamo di fronte a un reboot o un (altro) prequel, o una nuova avventura per nuove generazioni. La regia passa da Travis Knight a Steven Caple Jr. (Creed II), dopo i primi cinque diretti da Michael Bay, ormai rimasto solo in veste di produttore.
Il riferimento è sempre più la Marvel, allora l’universo va espanso, col rischio di perdere l’esemplarità di una piccola storia, con la tentazione multiverso dietro l’angolo. Pensare che era partito tutto dai giocattoli e da un mondo da inventarsi in cameretta. Per quanto riguarda i robottoni, la sfida è sempre quella: Unicron, il perfido signore del male di tutte le galassie, rappresentato perlopiù dai suoi sgherri, contro le forze del bene rappresentate dai robottoni che si trasformano in automobili, ma non solo. Li vediamo sempre più scalcagnati ma generosi in questo Transformers Il risveglio, in cui ci si rimpalla fra New York, con tanto di insistito omaggio alla Brooklyn di quegli anni (rimandando al Queens di Peter Parker), sgarrupata come nei film di Spike Lee ma autentica, rappresentata con orgoglio da Noah, e il Perù di Cuzco e Machu Picchu. Per aggiungere una dose di bellezza esotica.
Chi volesse farsi coinvolgere dalla trama, a dir poco elementare, rimarrà deluso. È una scusa per dare sfogo a una serie di personaggi delineati con accuratezza, capaci di creare una certa empatia, magari anche solo di strappare qualche sorriso. La morale è evidente: anche se nessuno crede in te puoi farcela, puoi salvare il (tuo) mondo, contando sulla famiglia e chi ti vuole bene. Poi ovviamente c’è l’azione, ci sono alcuni nuovi robot azzeccati e qualche bella sequenza da godersi in una sala con l’impianto sonoro giusto.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito