Toglimi un dubbio: recensione della commedia malinconica con Cécile de France
Un uomo scopre di avere un secondo, vero padre.
La Francia e gli immigrati economici, altro che rifugiati.
A sorpresa anche il mondo del cinema ne è pieno. Molti vengono dall’Europa, è vero, quindi non sono note ancora prese di posizione alle frontiere sobillate dal Fronte nazionale o dallo stesso presidente Macron. Vengono dal Belgio, pensate un po’; difficile quindi appellarsi a un regime oppressivo, se non nei confronti dei trigliceridi per le troppe birre e le frites a doppia cottura.
Rappresentano una parte non trascurabile degli attori e caratteristi che rendono il cinema transalpino un bacino di attori e prodotti di buon professionismo - il cosiddetto cinema medio - senza eguali nel nostro continente. Un po’ come alcuni canadesi che noi crediamo americani, o gli australiani e i britannici alla conquista di Hollywood. È il caso anche di Cécile de France, nonostante quel nome così sonoro che avrebbe fatto felice De Gaulle, e François Damiens, strepitoso interprete secondario di lusso capace, à la Depardieu, di alternare una fisicità possente e burbera con una delicatezza inattesa.
Carine Tardieu è una sceneggiatrice e regista che nei suoi primi due film aveva raccontato di bambini e ragazzi alle prese con i genitori, mentre questa volta, in Toglimi un dubbio, applaudito alla Quinzaine des realisateurs, mette in scena un figlio, sì, ma cresciuto fino a superare i 40 anni, spingendo all’estremo il suo sguardo, allo stesso tempo leggero e fluido ma anche malinconico, sui rapporti di famiglia di oggi, in continua evoluzione, sempre individuali e ognuno diverso dagli altri. Ben lontani, piaccia a no, da concetti ormai ammuffiti come ‘famiglia tradizionale’.
Erwan (François Damiens) nella vita ha una ben avviata attività: fa lo sminatore. È bretone, vive a due passi dal mare e il lavoro lì non manca, ricordo a lunga scadenza della Seconda guerra mondiale. Cresce da solo una figlia ormai maggiorenne, mentre scopre per caso che l’uomo che l’ha cresciuto, quello che ha sempre dato per scontato fosse suo padre - e da anni, dopo la morte della madre, unico genitore - in realtà non ha niente a cha fare, geneticamente, con lui. A quel punto Erwan inizia a cercare il padre biologico, e lo individua in un placido settantenne fugace amante della madre decenni prima. Lo trova anche simpatico, non gli dice niente, fino a che conosce e si invaghisce della figlia Anna (Cécile de France), un bel caratterino e un sorriso non da poco. Tutto questo nei primi minuti del film.
Cécile de France ha ben sintetizzato l’intesa, visibile sullo schermo, con quell’adorabile casinista di Damiens: ‘è quello con cui vorresti sederti in classe all’ultimo banco’. Il tutto avviene proprio mentre la figlia rimane incinta ma non vuole dire (o sapere) chi sia il padre del futuro pargolo.
Toglimi un dubbio è uno di quei film che ti lascia col sorriso stampato in volto, ma anche con il rischio di un occhio lucido. Scritto con verve, delinea personaggi adorabili, proprio perché pieni di difetti, ma pronti a tutto per superarli. Poco importa se poi fanno solo più danni ancora, perché il film racconta di rapporti umani non scritti nei certificati, ma costruiti ogni giorno. Nel caso degli anziani, poi, anche riscritti ogni giorno, a prova di demenza senile. Una commedia sentimentale, che racconta ogni tipo d’amore, incrociando generazioni e ostinazioni, con una carica di rottura, nel suo ritratto sociale, tanto prorompente quanto presentata con garbo e pudore. Niente psicanalisi o psicologismi, niente scene madri manifesto di Grandi Sentimenti. Solo donne e uomini, di età diverse, con la voglia di sedersi su una panchina in riva al mare, anche solo per stare in silenzio; ma uno accanto all’altro.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito