Titina, la recensione del film animato su Umberto Nobile e Roald Amundsen

14 settembre 2023
3.5 di 5

Un elegante e commovente film di animazione norvegese racconta le due spedizioni via dirigibile al Polo Nord, con conseguente scontro di ego tra l'ingegnere Umberto Nobile e l'esploratore Roald Amundsen. Dal punto di vista di una cagnetta realmente esistita. La nostra recensione.

Titina, la recensione del film animato su Umberto Nobile e Roald Amundsen

Negli anni Venti, l'esploratore norvegese Roald Amundsen non ha ancora rinunciato a raggiungere il Polo Nord, così ha un'idea: chiedere all'ingegnere aereonautico italiano Umberto Nobile la realizzazione di un dirigibile adatto all'impresa, il Norge. Umberto abbraccia la sfida e vi si unisce, portando con sé la sua inseparabile cagnetta mascotte Titina, ma la paternità del successo tra Umberto e Roald è dibattuta. La seconda spedizione tutta voluta da Nobile per orgoglio, col dirigibile Italia, avrà un esito più drammatico.

"Più o meno basato su una storia vera", suggerisce una didascalia di questo Titina, un lungometraggio animato norvegese di sorprendente essenziale eleganza, firmato dalla regista di cortometraggi Kajsa Næss: potrebbe sorprendere, visto che un periodo storico molto preciso viene guardato dagli occhi di una cagnetta, ma ci sono rigore, rispetto e poco manicheismo nel mettere in scena quello che accadde all'epoca, con meno licenze poetiche di quanto si possa pensare. D'altronde, la stessa Titina era stata effettivamente una presenza iconica accanto a Umberto Nobile (1885-1978), con il suo socio e a un certo punto rivale Roald Amundsen (1872-1928) incarnazione di uno spirito di scoperta e di sfida, che non era stato ancora dissipato o incancrenito dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma mancava poco.

Lo humor, gestito perfettamente anche nella sceneggiatura di Per Schreiner scritta in collaborazione con la regista, non cerca mai la gag grassa e facile, e non indietreggia mai di fronte a parentesi un po' nere, necessarie a rendere i due protagonisti non tanto fallaci, quanto umani. Amundsen pieno di sé, persino pronto a mangiare la stessa Titina in un momento di difficoltà, ma anche disposto all'estremo sacrificio in nome dei suoi valori. Nobile ingiustamente usato dalla megalomania dell'altro, ma anche aperto a chiedere la collaborazione di Mussolini, Balbo e del regime, quando il proprio ego ha necessità di finanziamenti ad hoc. Il dipanarsi della vicenda ci porta a comprendere entrambi, e senza tentazioni nazionaliste degli autori forse è proprio Nobile a uscirne meglio.

Tutto questo è filtrato dalla dolcezza di un'animazione 2D nitida, pulita e delicatamente caricaturale, con qualche eco del tocco satirico alla Sylvain Chomet (e un orecchio alla sua gestione della colonna sonora di repertorio e non), pur senza arrivare a quel livello di dettagliata animazione. La gestione del colore e della linea, bilanciata da un montaggio mai ansiogeno, riesce nel miracolo di trasmettere con pochi mezzi l'esplorazione di una natura aspra ma evocativa: l'idea dell'avventura può essere suggerita dalla forza di una giustapposizione di colori, o da un viraggio cromatico improvviso. Abbiamo ripensato all'altrettanto essenziale seppur diverso nello spirito Sasha e il Polo Nord, altro excursus di animazione bidimensionale tra i ghiacci, un bel lungometraggio francodanese di qualche anno or sono.

La poesia leggera di Titina poggia sulle zampette della cagnetta, mascotte oggi del film e delle sue tribolazioni lontane come lo fu all'epoca delle vicende reali: se a Umberto e Roald tocca bilanciare la loro fascinazione per l'ignoto e la natura con la propria visione del mondo e di se stessi, iattura della mente umana condizionata da mille stimoli, il legame primario e assoluto con quei ghiacci, con quell'avventura, è appannaggio giustamente proprio di Titina. Evocata come un commovente simbolo della gioventù da Nobile, che rivede vecchi (reali) filmati d'archivio, il personaggio riesce tenero ma mai sdolcinato: le attese, le domande, lo stupore, il contatto con il prossimo a Titina riescono più naturali. E la regista porta così a casa un film che, pur non negandosi alcuna osservazione sociale o tema complesso comprensibile ai più grandi, saprà incuriosire gli spettatori più giovani.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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