Ti ricordi di me?: recensione della commedia con Ambra Angiolini e Edoardo Leo
Rolando Ravello trasmette tutta la propria tenerezza a una storia scritta da altri.
Esistono i film di pancia e i film di testa.
I film di testa sono spesso formalmente impeccabili, a volte poco spontanei nel tentativo di scatenare una risposta forte andando a toccare le giuste corde, altre volte orientati verso la diffusione di un giusto messaggio o di un'importante lezione.
I fim di pancia, invece, nonostante il rischio di un eccessivo autobiografismo e di qualche incoerenza contenutistica, riescono comunque a scatenare una maggiore empatia, ammantandosi del sottile e irresistibile fascino dell'imperfezione.
Premesso che il secondo film di Rolando Ravello sta certamente più dalla parte delle emozioni che del raziocinio, di imperfezioni, almeno sul piano narrativo, non ci sembra che ne abbia, e questo perché la storia dei due extraterresti Bea e Robi che si salvano reciprocamente in un mondo che va troppo veloce è stata prima scritta per il teatro dall'esperto Massimiliano Bruno e poi rielaborata per il cinema da un trio di ineccepiblili sceneggiatori di cui fa parte anche il "navigato" Paolo Genovese.
Ma la polverina magica di Ti ricordi di me? secondo noi sta altrove: nello sguardo del suo regista innanzitutto, che trasmette sia agli attori che alle atmosfere da rappresentare la sua tenerezza, la sua generosità di cuore, la sua profonda fiducia nell'umanità più invisibile e apparentemente meno coraggiosa.
Con incanto quasi infantile e notevole capacità di introspezione, Ravello trasforma la pièce di partenza in una favola dove la principessa è una Biancaneve "sbagliata" e smemorina, mentre il principe non ha il cavallo bianco ed è cleptomane.
Se le case, le strade e i giardini in cui questi due goffi guerrieri combattono insieme hanno, grazie a una sgargiante policromia, un'artifiosità da libro illustrato e un'aria da musical hollywoodiano in stile Il mago di Oz, sono invece totalmente realistici i sentimenti mostrati: vere sono le paure, veri i disagi mentali.
Le psicosi di Bea e Robi certo fanno ridere, oltre a servire lo scopo della moltiplicazione dei primi incontri e dei successivi innamoramenti, ma hanno anche la funzione di stemperare la commedia in una malinconia di fondo che nasce dalla consapevolezza di quanto la solitudine sia pericolosa e paralizzante per un individuo con un surplus di sensibilità.
E' soprattutto il personaggio della Angiolini a rappresentare questa incapacità di gestire bombardamenti di sollecitazioni e cambiamenti improvvisi,
Ma se Bea rischia il collasso o l'implosione, Ambra non si blocca affatto, anzi, possiamo dire che questa è sicuramente la sua migliore interpretazione fin'ora.
Ci piace anche Edoardo Leo, ormai inarrestabile dopo il successo di Smetto quando voglio, film rivelazione di questa prima metà dell'anno dal quale si è portato dietro Paolo Calabresi, il mitico Biascica di Boris qui alle prese con un ottimo comprimario.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali