The Shrouds: recensione del film di David Cronenberg in concorso al Festival di Cannes
Il canadese parla di morte e elaborazione del lutto in un film misteroso, enigmatico, sfuggevole fino all'evanescenza. La recensione di The Shrouds di Federico Gironi.
C’è Vincent Cassel che è truccato e parruccato chiaramente come lo stesso David Cronenberg, nel ruolo di Karsh, un misterioso produttore di film industriali che, è anche il proprietario di un cimitero e l’inventore di una nuova tecnologia. Avvolgendo i cadaveri in sudari ultratecnologici e dotati di strane microcamere, i sopravvissuti ai loro cari possono vedere su appositi schermi piazzati sulle lapidi il processo di decomposizione del corpo. Karsh, che non ha ancora superato il lutto per la morte della moglie Rebecca, avvenuta quattro anni prima, è uno di quelli che utilizzano questa tecnologia, per rimanere sempre vicino alla donna che ha amato e che ama ancora. Poi c’è Diane Kruger nel ruolo di Terry, sorella quasi gemella della moglie morta di Karsh appassionata di complottismi e dietrologie, e il suo ex marito Guy Pierce, un hacker sull’orlo di una crisi di nervi che non ha mai accettato di essere stato mollato.
Quando qualcuno vandalizza il tecno-cimitero tech di Karsh, distruggendo monitor e connessioni, le domande si moltiplicano: ci sono di mezzo attivisti per l’ambiente islandesi che avversano l’idea di un cimitero tecnologico nei pressi di Reykjavik? Oppure il magnate di origine ungherese che vuole investire nel progetto, e usare la tecnologia di Karsh nei pressi di Budapest? C’entrano i cinesi con coi Karsh ha collaborato? O forse l’oncologo che curò Rebecca, incidentalmente anche un suo ex, di cui Karsh era geloso? E cosa sono quelle strane formazioni che Karsh nota sulle ossa della moglie morta attraverso i monitor prima del loro danneggiamento?
Dire che la trama di The Shrouds sia misteriosa e labirintica è dire poco. Ma l’impressione è che Cronenberg volesse proprio questo. Lo scivolare del suo alter-ego dentro una spirale di paranoia e di complottismi, il suo disorientamento, sono funzionali al discorso che sembra voler portare avanti, che è semplicemente - si fa per dire - un discorso sulla morte e sull’elaborazione del lutto.
Il candese lo ha dichiarato chiaramente: l’idea per questo film gli è venuta mentre era in lutto per morte di sua moglie. È un progetto che ha definito autobiografico, e molto personale, e l’impressione è che lo sia da più punti di vista. Non solo fa diventare Cassel una sorta di suo gemello, ma condensa (ancora!) dentro The Shrouds tutte le sue ossessioni cinematografiche: il corpo, ovviamente, anche e soprattutto come luogo del desiderio sessuale e della sua esplicitazione fisica, ma anche le perversioni del sesso, le mutazioni della carne (viva o morta che sia), la paranoia, le traiettorie deviate e devianti del sentimento.
Quel che è chiaro, è che nel corso del film, mentre si arrabatta per capire cosa stia accadendo attorno a lui, chi mente e chi no, mentre fa i conti con sogni/allucinazioni sulla moglie, il suo corpo, il suo corpo mutilato dalla malattia e dalle cure, Karsh riuscirà in qualche strano modo a elaborare il suo lutto.
Attraverso l’immersione in questo strano, liquido incubo, in questa strana forma di detection che sembra vederlo nel ruolo dell’involontario detective, ma anche attraverso l’incontro con due figure femminili - senza dire altro - che lo inizieranno nuovamente al sesso, portandolo paradossalmente a un contatto più ravvicinato con la defunta Becca.
Oscuro, oltre che misterioso, di un oscuro che contrasta con la nitidezza esasperata dell’immagine digitale che sembra mettere sullo stesso i personaggi vivi con quelli defunti, fatto di parola tanto quando di immagini, privo della visionarietà di un passato che torna nelle inquadrature solo nella sua versione più ovvia, The Shrouds sembra un film quasi testamentario nella sua dichiarata voglia di astrazione, di essere sintetico, concettuale, sfuggevole e perfino evanescente.
In The Shrouds, mai come prima, Cronenberg affianca e sovrappone la vita e la morte, la carne e lo spirito, sfumando entrambe le dimensioni in una realtà binaria che è facile hackerare, modificare, camuffare, eludere. Anche perché mai come prima, forse come mai accaduto prima, Cronenberg sembra mettere in dubbio anche la sua fede nella tecnologia e nelle sue potenzialità eversive.
Non resta altro da fare se non abbandonarsi all’enigma del film, alla sua superficie lucida, alle ombre che nasconde. Anche perché, oltre a queste ombre, dietro al film e al percorso personale di elaborazione del lutto di Cronenberg, non c’è molto altro.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival