Supernova: la recensione del road movie con Colin Firth e Stanley Tucci

16 ottobre 2020
3.5 di 5
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Una storia d'amore, una malattia incurabile, un road movie pieno di tenerezza: ecco il secondo film di Harry MacQueen, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2020.

Supernova: la recensione del road movie con Colin Firth e Stanley Tucci

Guardano spesso il cielo di notte Tusker e Sam, con il grande carro e la Via Lattea. Guardano il cielo di notte, e anche una sua riproduzione sul soffitto di un camper anni '70, come a domandarsi che senso abbia la vita di due piccoli uomini di fronte alla vastità del creato. Forse si chiedono, insieme al regista Harry Macqueen, che cosa lasciamo quando non ci siamo più, o meglio quando non abbiamo più memoria né coscienza di chi siamo o di cosa abbiamo fatto. Supernova racconta proprio il momento immediatamente precedente all'oblio, l'istante prolungato in cui un uomo è ancora presente a se stesso prima di sprofondare in un abisso di inconsapevolezza. L'uomo, nel nostro caso, è Tusker ed è affetto da demenza precoce, e parte insieme all'amore della sua vita per un viaggio nel nord dell'Inghilterra. E se questa storia ci sembra di averla già vista o sentita è perché Paolo Virzì ne ha narrata una simile in Ella & John - The Leisure Seeker, solo che nel nostro caso il racconto è intimo e mai chiassoso, e la malattia non un motore anche di comicità ma un collante fortissimo fra chi già si ama con quell'amore tenero che unisce coppie di lungo corso, che si conoscono a memoria e deliziosamente battibeccano. In Supernova il sorriso, più che la risata, nasce dal sense of humour di Tusker, che tenta di esorcizzare la preoccupazione e di passare un provvisorio colpo di spugna su un disagio crudele, che per un uomo e soprattutto per uno scrittore significa la perdita della dignità, oltre che dell'impossibilità di lasciare una traccia attraverso l'arte.

Il film di Macqueen consiste molto nelle sublimi performance di Colin Firth e Stanley Tucci, il primo asciutto, reticente e inconfondibilmente british, il secondo più rilassato, indulgente e istrionico. Si scambiano le parti i due personaggi, diventando a turno il più forte o il più fragile. Entrambi attraversati ora dalla malinconia ora dall'angoscia, ci regalano dialoghi intensi e accorati. Proprio perché ha a disposizione due mostri nella recitazione, che nella vita vera sono amici per la pelle, il regista si prende il lusso di riempire alcune scene di molte parole e lunghi discorsi, lasciando che la tensione, la commozione e l'emozione arrivino da ciò che viene detto e da come viene detto invece che da ciò che viene fatto. Tenta il cinema da camera, insomma, il filmmaker britannico, e ci riesce. E da narratore non onnisciente giudica la scelta di decidere di farla finita prima del tempo di cui a un certo punto si parla. La sua di narrazione è scarna, con un paesaggio splendido ma non lussureggiante e amici affettuosi ma non melensi e invadenti. Non calca la mano Macqueen, perché vuole lasciare strada al tema forte del film, che poi è la condizione emotiva di chi piange la morte dell'amato prima che questo muoia. Succede solo con la demenza o l'Alzheimer, e il cinema questo lo sa e ne ha spesso parlato. Supernova, però, insiste molto su chi resta, senza indugiare sul progredire della malattia. Chi resta ha forse il compito più arduo: decidere se accudire e assistere a un continuo peggioramento, o andare per altri lidi. E’ una condizione tristissima, che Colin Firth cavalca lavorando di sottrazione e implodendo in silenzio.

E’ infine un film di dettagli Supernova, di mani che si accarezzano, di abitudini enologiche (con Sam che beve sempre vino rosso e Tusker vino bianco), di navigatori che parlano come Margareth Thatcher, di vecchi rituali fra innamorati come fare il punto sulla coppia parlando davanti a un registratore di quelli che si usavano tanto tempo fa. Il tempo… per Tusker e Sam è preziosissimo, è il poco tempo che resta e, in fondo, anche il tempo dell'infanzia, perché quando si è vicini alla morte si torna bambini, e si ha voglia di ricordare e di farsi le coccole, e di dormire nel lettino della casa dei genitori, dove però, se si è grandi e grossi e soprattutto in due, l'impresa diventa ardua e buffa.

Non è perfetto Supernova. A volte perde un po’ il ritmo ed è un film di attori più che di sceneggiatura. E’ un film politico però, come ha detto Harry Mcqueen durante una conferenza stampa di presentazione, perché parla di un mondo ideale dove nessuno giudica l'orientamento sessuale degli altri, dove gli amici non tradiscono e in cui le decisioni si rispettano. Forse un giorno l'ideale diventerà reale. Di certo, opere come Supernova contribuiscono non poco al passaggio.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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