Sleepers: recensione della storia vera newyorkese con Brad Pitt, Robert De Niro, Dustin Hoffman e Vittorio Gassman
Un'epopea criminale fra amicizia e stori di formazione sullo sfondo del quartiere malfamato di Hell's Kitchen, nella New York fra fine anni '60 e primi anni '80.
New York è una realtà in continuo cambiamento. Lo è stata soprattutto nella seconda metà del XX secolo, prima che tutta Mahattan concludesse il suo processo di gentrificazione, con la “bonifica” dei quartieri più poveri attraverso l’acquisto delle case da parte di popolazione benestante. Sleepers è il racconto di un quartiere ancora vittima della criminalità, anche se molto coeso. Siamo a Hell’s Kitchen, nella parte occidentale di Midtown, proprio nel cuore dell’isola, fra il 1966 e il 1981. È la storia dell’amicizia di quattro ragazzi, e una ragazza, uniti fin dalla più tenera età da un rapporto simbiotico, che solo la condivisione di alcuni mesi terribili di violenza e molestie subite in un riformatorio ha potuto cementare e rendere superiore a ogni altro rapporto nella vita.
Le famiglie sono solo sullo sfondo, comparse in qualche pasto o poco più. La realtà in cui crescono è simile a quella di tanti affreschi del cinema americano degli anni ’70, da Scorsese a Coppola, in cui la strada è una palestra di vita e i role model sono boss criminali e al massimo la religione cattolica. Nel loro caso ci sono King Benny, un anziano boss per il quale i ragazzi svolgono dei piccoli lavoretti, interpretato magnificamente dal nostro Vittorio Gassman, e padre Roberto Carrillo, un prete di strada (Robert De Niro) che i suoi amici li va a trovare più in carcere che in casa o in chiesa.
I quattro sono vivaci, ma in fondo dei bravi ragazzi, fino a che un giorno, nella torrida estate del 1967, la loro vita cambierà per sempre. Infatti sono causa di un incidente con un carretto di hot dog rubato, finito fuori controllo per le scale della metropolitana fino a ferire gravemente un uomo. Arrestati e condannati a un anno di riformatorio, vivranno un periodo apparentemente non così lungo, in termini di tempo, ma cruciale per segnarli a vita, per le violenze che subiranno delle guardie, su tutte un Kevin Bacon perfido e viscido come rare volte. Un rito di passaggio che, almeno per due di loro, segnerà la definitiva scelta della vita criminale, fatta anche di dipendenze, dalle droghe e dall’alcol, in un periodo in cui New York veniva inondata di ogni sostanza stupefacente. Non che gli altri due dimenticheranno presto quanto successo, come ci dimostra il film, che ci conduce direttamente nel novembre del 1981, in un locale del loro quartiere, in cui i due di loro diventati piccoli boss della zona riconoscono a un tavolo proprio il loro aguzzino di una quindicina di anni prima.
Sleepers è la storia di formazione di un gruppo di ragazzi pieni di energia e qualche sogno, che un trauma rovinò per sempre trasformandoli in vendicatori. È quasi una nuova versione del Conte di Montecristo, molte volte citato da loro stessi, con la sua prigionia seguita da una brillante vendetta servita ben fredda. A Hell’s Kitchen regna sempre la cultura del silenzio, con King Benny che dice di amare i piccioni perché ama “tutte le cose che non parlano”. Ma fra di loro si parlano, e non poco, i personaggi di riferimento di un quartiere sempre più preda del crimine, ma a suo modo regolato da un codice d’onore e una solidarietà di strada. Padre Carrillo è ancora lì, e dovrà anzi scegliere se mentire al suo Dio per aiutare i “suoi” ragazzi oppure no.
Ci sarebbero tutti gli ingredienti per un affresco epico sull’amicizia e sulla New York delle mean streets, ma il direttore d’orchestra, e sceneggiatore, Barry Levinson, non è in grado di amalgamarle al meglio, si perde in una narrazione claudicante, in pause che frenano il riformo del racconto. Un’occasione in parte sprecata, visto il cast sontuoso e la vicenda così evocativa dei momenti migliori del new cinema americano. L’autore del romanzo, e produttore, sostiene che si tratti di una storia vera, solo con nomi e situazioni cambiate, cosa che non ha fatto piacere alla città di New York, che ha smentito sia mai esistito un riformatorio del genere, con delle complicità così generalizzate a coprire ogni sorte di sopruso e violenza su minori. Come dimostra un fugace dialogo in un locale, siamo all’inizio dell’era di Reagan, quegli anni ’80 che segnarono il punto più basso nella convivenza sociale a New York, devastata dalla criminalità e della droga. Ci vorranno più di dieci anni prima dell’arrivo del sindaco Giuliani, con la sua sua politica di tolleranza zero nella repressione del crimine, proprio quando è stato realizzato questo film.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito