Sinister - la recensione del film di Scott Derrickson con Ethan Hawke
Nel nuovo film di Scott Derrickson la paura va a corrente alternata
Quanti volti può avere la paura cinematografica? E, soprattutto, è possibile inventarne di nuovi? E' questo il quesito che il cinema horror contemporaneo si trova ad affrontare e a cui gli autori più coraggiosi provano a rispondere, proponendo qualcosa di inedito. Lo sceneggiatore C. Robert Cargill e il regista Scott Derrickson sono sicuramente consapevoli dei rischi che corrono col loro Sinister, e in questo senso ne apprezziamo lo sforzo.
E' innegabile che ce l'abbiano messa tutta, e che, nei suoi momenti migliori, per atmosfera e capacità di evocare un senso del Male che nausea e affascina al tempo stesso, il film ricordi un altro esperimento, Insidious, ma questo è anche il limite principale di queste pellicole, che finiscono nella migliore delle ipotesi per risultare frammentarie, come se fossero costruite con una successione di tasselli che non si incastrano perfettamente l'uno nell'altro.
L'impressione, vedendo Sinister, è proprio quella di un film che procede a balzi: funziona quando ci coinvolge come spettatori nella ricerca di Ellison Oswalt, lo scrittore di true crime che ritrova nella casa della strage dei filmini in super8 che documentano una serie di atroci delitti. Sono ben resi il disgusto e la dipendenza provocati dalla visione senza filtri dell'atrocità, ed Ethan Hawke è convincente quando si trova da solo di fronte all'orrore. I difetti però compensano i pregi e li superano in quantità: è troppo facile il riferimento allo scrittore in crisi, personaggio kinghiano per eccellenza, stravisti i siparietti familiari, ovvia la spiegazione del legame soprannaturale tra i vari casi, sfuggita alla polizia ma non agli occhi del protagonista, frettolosi il coinvolgimento del poliziotto locale e dell'esperto di turno (una comparsata di Vincent D'Onofrio) e il finale risolto all'ultimo minuto.
Alla fine a non pagare è proprio il tentativo di mescolare i sottogeneri più disparati (il found footage, lo snuff, il satanismo, i bambini, la casa stregata, il Bogeyman, le apparizioni rese familiari dal cinema orientale), perché la loro somma non fa un insieme coerente e originale, in grado di moltiplicare la paura e proporsi come capostipite di una serie (l'intenzione del franchise è dichiarata dagli autori). Forse, come al solito, siamo troppo severi e siamo certi che la maggioranza dei fan, in un periodo di carestia cinematografica in materia, possa apprezzare un horror come Sinister. Ma, al di là delle atmosfere e di qualche sobbalzo provocato con i consueti mezzi del genere, l'Uomo nero del film, una sorta di divinità infera pagana battezzata Bughul, sembra più una marionetta alla Saw che una vera e malefica Entità, così come i suoi corrispettivi umani appaiono appena abbozzati. Siamo nostalgici, lo sappiamo, ma Freddie Krueger era dotato di ben altra personalità.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità