School of Mafia: la recensione della commedia nera un po’ western
Spumeggiante e coraggioso, School of Mafia è un film avvincente e movimentato che ride di Cosa Nostra ma la prende anche di petto, insieme a un Nino Frassica al top.
Anche se la parola "Mafia" viene pronunciata una volta soltanto, fra lo sgomento del perfido padrino Mr. T e del suo circondario, School of Mafia è una summa, un'enciclopedia, un compendio di cultura, regole, comandamenti e comportamenti di Cosa Nostra. La summa, ovviamente e felicemente, passa attraverso l'iconografia del cinema, di tanti gangster movie come la trilogia de Il Padrino, Quei bravi ragazzi e così via con cui Alessandro Pondi, regista cinefilo, è cresciuto, e che nel suo terzo film non ha voluto imitare pedissequamente, ma solamente omaggiare. E però School of Mafia, che rappresenta qualcosa di rivoluzionario e di inedito nel nostro panorama cinematografico, oltre che di ambizioso (produttivamente e stilisticamente), è anche tanto altro. Innanzitutto prosegue il discorso sulla ricerca di una propria identità cominciato da Pondi con Chi m'ha visto e continuato con Tutta un'altra vita. Qui la quest si estende a una vasta galleria di personaggi che sono tutti fuori ruolo, che che recitano all’infinito lo stesso copione, pur desiderando essere altro.
E’ un film che si fa beffe della Mafia School of Mafia? Forse un po’ sì, ma non esattamente. Seppur attraverso la lente deformante della commedia (nera), il regista dimostra grande coraggio senza peccare di omertà come le sue creature. Il morto ammazzato insomma c’è, e fra gli insegnamenti del personaggio di Nino Frassica ai tre figli di boss inviati da New York in Sicilia per diventare grandi malavitosi ce ne sono alcuni che rimandano a una realtà che conosciamo fin troppo bene. Si dice, ad esempio, che la politica è compromesso, si racconta che la richiesta del pizzo si articola in "intimidazione", "imposizione" e "riscossione", e che "pensaci tu" significa convinci un nemico a rivedere le sue posizioni, mentre "occupatene tu" vuol dire fallo fuori. Sta bene attento però Pondi a non insistere troppo sulla denuncia, e lo fa ricorrendo, oltre che alla battuta, all'epicità del western o chiedendo a ogni attore di restituirci un suo particolarissimo gioco. Frassicca/Turi è buffo e minaccioso, sua moglie Carmela (Paola Minaccioni) è crudele, Maurizio Lombardi punta su una comicità fisica quasi alla Buster Keaton, Gianfranco Gallo è il mafioso mezza tacca. Poi c'è l’allegra tragicità di Tony Sperandeo che si toglie la vita bevendo, c'è Paolo Calabresi che parla come Marlon Brando nel Padrino, e non mancano Emilio Solfrizzi e Fabrizio Ferracane malavitosi DOC. Infine ecco la grandissima naturalezza, a tratti il candore, dei tre veri protagonisti del film: Guglielmo Poggi, Giuseppe Maggio e Michele Ragno. Perché è soprattutto dei giovani che parla il film, giovani che faticano a trovare la propria strada e che si scontrano con una mentalità retrograda e amorale.
Ma non finisce qui. In un'ora e 40 di film dal ritmo serrato e in cui i personaggi crescono di numero, gli eventi si moltiplicano ma la narrazione si mantiene quasi sempre fluida, c'è anche spazio per l'azione, con un inseguimento in macchina gustoso e ben girato. Si muove fra azione e contemplazione School of Mafia, meglio ancora fra azione e ieraticità, la ieraticità di Mario Pupella, per esempio, nelle cui rughe leggiamo, ancora una volta, tutta la storia della Mafia, oltre alla sua pericolosità. I suoi occhi socchiusi sono quelli del di tanti cavalieri pallidi, mentre la bella fotografia di Vladan Radovic fa il resto.
E’ spumeggiante la sceneggiatura di School of Mafia, un tripudio di dialoghi favolosi in cui un Nino Frassica che parla di sé in terza persona come un personaggio di Boardwalk Empire ha dato il suo contributo. E come dimenticare certi modi di dire? Impossibile non sorridere di fronte al proverbio: "Intorno alla vecchia quercia cresce sempre la fungaia". Certo, pieno di cose com'è, School of Mafia andrebbe visto due volte, perché a un primo sguardo alcuni dettagli sfuggono e qualche personaggio secondario si perde per strada. E’ come un caleidoscopio il film, che ipnotizza e affascina ma può lasciare storditi. Dunque aprite bene gli occhi, drizzate le orecchie e preparatevi per un viaggio avventuroso, picaresco e molto molto intenso.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali