Saw X, la recensione del film
Torna sugli schermi il folle killer moralizzatore Jigsaw, in un film che si colloca cronologicamente tra il primo e il secondo della serie e che non toglie né aggiunge nulla a quanto visto finora. La recensione di Sax X di Federico Gironi.
Come passa il tempo quando ci si diverte (si fa per dire). Sembra ieri che James Wan, allora illustre sconosciuto, provocò sobbalzi e disgusti in giro per il mondo con il primo episodio di Saw: e invece sono passati vent’anni, e la saga è arrivata ora al decimo capitolo.
Protagonista, ovviamente, ancora Jigsaw, all’anagrafe John Kramer, uscito di scena col terzo film ma mai davvero assente, e momentaneamente eclissato solo nel nono capitolo (Spiral), ma solo perché si trattava di uno spin off, di un reboot.
Vent’anni e dieci film, non è roba da poco, e allora la cosa che in qualche modo non si può non domandarsi, è quale sia il segreto di una longevità e di una popolarità di questo tipo, al netto del fatto che si tratta di film che costano poco e incassano bene.
Il sospetto, visto che la formula è sempre la stessa, e che anche questo Saw X conferma che a contare, in questa serie, sono le scene truculente, e non il contesto narrativo nel quale sono inserite, è che il pur vago sadismo nell’occhio di chi guarda giochi un ruolo determinante.
Un sadismo che non è dissimile da quel desiderio morboso per la pornografia dell’immagine sempre più diffuso, anche e soprattutto grazie alle spinte della televisione prima e dei social poi. Quel desiderio che si manifesta di fronte alla visione dell'invedibile, di ciò che non dovrebbe esser visto: dagli incidenti agli stupri, dalle guerre alle sparatorie.
Non è che sia stata la serie di Saw, o il torture porn in generale, a spostare in avanti i limiti del visibile, ma di certo l’onda, preesistente, è stata surfata con scaltro senso degli affari.
Quel che però non va dimenticato, è che alla truculenza spesso e volentieri gratuita - non sono una persona digiuna di horror, anche estremo, ma anche in questo Saw X colpisce il tasso di perversione sadica e compiaciuta di certe scene - la serie ha sempre associato un discorso relativo al dilemma etico-morale che quella violenza dovrebbe, se non giustificare, almeno spiegare.
Jigsaw, malato terminale di un cancro al cervello, mette alla prova le sue vittime, le sottopone a esami deliranti per vedere se sono in grado di meritare quella vita che a lui sfugge tra le mani. In questo film, che cronologicamente va a occupare lo spazio che esiste tra gli eventi del primo film e quelli del secondo, il legame con la malattia assume un rilievo ancora più importante, dato che John è impegnato in una sorta di vendetta nei confronti di coloro i quali hanno cinicamente approfittato della sua voglia di sognare una guarigione.
La domanda che viene posta in Saw X, insomma, è la seguente: chi è peggiore, quelli che approfittano di malati di cancro disposti a credere a terapie miracolose pur di avere una speranza di vita in cambio di cospicue somme di denaro, o chi poi li mette di fronte a torture orribili, pur lasciando loro una vaga speranza di sopravvivenza?
La risposta che viene data dal film è piuttosto chiara, e non sorprende, visto che tutta la serie è stata in qualche modo improntata alla costruzione di un qual certa forma di empatia per il folle Kramer. Di certo, però, è una risposta che lascia l’amaro in bocca, specie se pensiamo che di questioni complesse dal punto di vista dell’etica e della morale, nonché della politica, è pieno non tanto il cinema quando un mondo dilaniato da conflitti apparentemente irrisolvibili.
Passano gli anni, scorrono i film, ma la sostanza non cambia: Saw X è quel che la saga è sempre stata: perversioni malate messe truculentemente e creativamente sullo schermo con contorno moraleggiante. Nulla di cui scandalizzarsi, sia ben chiaro. Ma a me la serie non è mai piaciuta granché, e questo episodio - che pure, come si suol dire, “scorre” - non fa la differenza.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival