Safe House - la recensione del film

28 febbraio 2012
2.5 di 5

Il film parte da uno spunto meno banale del solito per la media dei thriller spionistico-d’azione contemporanei, e che rimanda più o meno esplicitamente alla tradizione del genere degli anni Settanta.



C’erano delle premesse interessanti, in Safe House.
Figlio di uno sceneggiatore esordiente, David Guggenheim, e di un regista svedese al suo primo approccio in terra hollywodiana, Daniel Espinosa, il film parte da uno spunto meno banale del solito per la media dei thriller spionistico-d’azione contemporanei, e che rimanda più o meno esplicitamente alla tradizione del genere degli anni Settanta.

L’idea di mettere al centro di una vicenda incentrata sull’ambiguità e la paranoia un personaggio (quello di
Ryan Reynolds) non abituato al pericolo e all’azione - anzi isolato dentro un compito solitario e passivo come quello di fare da guardiano ad una “casa sicura” della CIA perennemente inutilizzata - riporta immediatamente alla memoria I tre giorni del condor: tanto per dirne una, la più ovvia.
Intelligentemente passatista era anche, e ancor di più, quella di accoppiarlo alla figura di Denzel Washington, ex spia traditrice esperta di manipolazioni psicologiche, colui che “letteralmente riscritto i manuali d’interrogatorio della CIA”: il confronto tra una figura del genere e un giovane agente inesperto ma caparbio e integerrimo apriva infatti praterie di possibilità che, ancora una volta legandosi al cinema dell’altroieri, poteva costruire e sviluppare tutto Safe House su un telaio fatto di tensioni e giochi psicologici, sottili, potenzialmente avvicenti.

Ma i tempi son cambiati, le esigenze della committenza son diverse, lo stesso approccio dei registi non lascia troppo spazio alla schermaglia dialettica e alle pressioni mentali.
Espinosa
fa tesoro della sua esperienza svedese (suo è l'acclamato Snabba Cash) e abbraccia ritmi e azioni di chiara derivazione bourniana, esprimendo una cinematica di sicuro molto energetica, probabilmente abbastanza spettacolare ma evidentemente anche ripetitiva e dejavuistica.
Safe House
, allora, diventa vittima del dinamismo a tutti i costi, male del cinema contemporaneo che ci si ostina a considerare necessario: e invece, una maggiore riflessività, o una traduzione anche parziale di quel movimento di corpi in movimento di pensiero e parole, avrebbe fatto al film del gran bene. A questo come a tanti altri.

Parallelamente a quel che avviene ai loro personaggi all’interno del film,
Reynolds arranca costantemente dietro a Denzel Washington e viene oscurato dal suo carisma, per quanto a tratti gigionesco, senza nemmeno riuscire a emergere nel finale che sarebbe tutto suo.
Un finale che, vero e nient’affatto marginale centro d’interesse di tutto il film, è un chiaro tentativo del cinema hollywoodiano di metabolizzare la destabilizzazione storica, politica e di pensiero causata da Julian Assange e dal suo WikiLeaks nel mondo delle strutture governative e sociali tutte.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
Suggerisci una correzione per la recensione
Palinsesto di tutti i film in programmazione attualmente nei cinema, con informazioni, orari e sale.
Trova i migliori Film e Serie TV disponibili sulle principali piattaforme di streaming legale.
I Programmi in tv ora in diretta, la guida completa di tutti i canali televisi del palinsesto.
Piattaforme Streaming
Netflix
Amazon Prime Video
Disney+
NOW
Infinity+
CHILI
TIMVision
Apple Itunes
Google Play
RaiPlay
Rakuten TV
Paramount+
HODTV
lascia un commento