Ragione e sentimento: recensione dell'adattamento da Jane Austen di Ang Lee con Kate Winslet

23 luglio 2020
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Un classico della letteratura di Jane Austen già classico del cinema poliedrico di Ang Lee, un adattamento sul filo dell'ironia e molto contemporaneo.

Ragione e sentimento: recensione dell'adattamento da Jane Austen di Ang Lee con Kate Winslet

“Erano più tranquille le Indie orientali”. Questa battuta, tipico umorismo tagliente britannico, con cui due ricchi personaggi commentano l’irrequieta danza di amorosi sensi e di brutali risvegli in una realtà fatta di classi sociali e di convenzioni solo apprentemente pacifiche, sintetizza al meglio questa storia di Jane Austen portata sullo schermo da uno spettatore di usi e costumi anglosassoni come Ang Lee che, dalla lontana Taiwan, dimostra ancora una volta di saper cogliere l’essenza di una società e le sue genuine contraddizioni. Lo fa donando nuova linfa vitale, oltre a un’ironia che mai abbandona il suo ruolo di stella polare, anche durante le tante svolte dolorose, sentimentali o romantiche, a Ragione e sentimento. Si tratta del primo romanzo, scritto nel 1811, della Shakespeare dei sussurri romantici in corsetto e magioni di campagna, Jane Austen, regalando quello che è probabilmente il migliore adattamento per il cinema di una sua opera.

Ragione e sentimento ruota intorno a Emma Thompson, ancora una volta straordinaria testimone in costume dell’anima più pura e mai sopita della sua Gran Bretagna. Qui come sceneggiatrice, ma anche come cuore pulsante della vicenda nei panni della sorella maggiore, Elinor Dashwood, costretta con madre e due sorelle minori a gestire la complessa quotidianità di una famiglia ormai priva di risorse o quasi dopo la moglie del padre che in punto di morte donò tutta l’eredità al figlio del primo matrimonio, per non dividere la proprietà.

Elinor è tutta ragione, mentre la sorella Marianne, una Kate Winslet che rappresenta con la Thompson il baricentro emotivo del film, è tutta sentimento. Tanto sono diverse quanto tengono sempre e disperatamente, nonostante il destino le metta spesso e volentieri a dura prova, alla felicità sincera l’una dell’altra. Per una nascondere i propri sentimenti risulta il principale contributo alle persone che la circondano, e in fondo alla società nobiliare tutta del paese, mentre per l’altra l’unica maniera di amare, e quindi di vivere, è esplodendo di passione, senza nascondersi, come dimostrano le deliziose gote della Winslet sempre arrossate, come gli occhi, che sia per un pianto disperato o per una gioia inattesa.

Nonostante la forma impeccabile da spaccato classico della società britannica ottocentesca, bloccata nelle sue convenzioni dalla dittatura della classe sociale e ancora nel proprio ambiente vitale di campagna prima di trasferire le proprie contraddizioni nei palazzi di città, a Londra, il film di Lee non ha niente di soffocante, e gioca fra i due estremi del titolo come fosse un duello rusticano fra un eroe e il suo arci nemico, la sua nemesi. Un vero thriller dei sentimenti, in cui nessun personaggio sembra poter prendere in santa pace il tè o godersi una passeggiata lungo il fiume, prima che arrivi qualche colpo di scena, qualche capovolgimento sociale, a smentire la rigidità di quel contesto guidato dai natali felici o meno, anticipando il ruolo crescente del denaro sonante.

Lacrime e risate non mancano mai, in un ballo frenetico fra dialoghi  e interpreti impeccabili, donne sagge o comunque sempre dinamiche e uomini statici e fessi, quando non proprio disgraziati. “Limitati a considerazioni sul tempo”, viene suggerito a una giovane non proprio arguta, evocando una regola della buona società. Allora fateci concludere che ovviamente anche nel film piove spesso, ma non manca alla fine un prode dal buon cuore che si prodiga per soccorrere una fanciulla sorpresa dal temporale e riportarla in salvo. Da lì a vincerne anche il cuore c’è molto di mezzo, nello specifico uno dei migliori film in costume degli anni ’90.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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