Non sono un Assassino: recensione del giallo con Riccardo Scamarcio

29 aprile 2019
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Un film interpretato da un trio di ottimi attori che più che un delitto racconta una vicenda umana.

Non sono un Assassino: recensione del giallo con Riccardo Scamarcio

Nonostante il cinema di genere sia stato finalmente sdoganato, e spesso i risultati sono eccellenti, non ci sono molti gialli nel panorama italiano, e se ci sono, si contano sulla punta delle dita. Ci sono i thriller, certo, e i noir, "grandi contenitori" di tanto altro, ma storie di delitti, armi che scompaiono o vengono ritrovate, testimonianze chiave nell'aula di un tribunale e colpi di scena finali non sono stati in molti a narrarle. Per questo ci sentiamo di ringraziare Andrea Zaccariello, che si è lasciato ispirare dal romanzo di Francesco Caringella "Non sono un assassino", dando grande rilievo ai personaggi più che all'azione, ai loro ricordi intermittenti, alle loro incompiutezze, ai loro difetti e a qualche pregio, e al loro fallimento personale.

Negandosi felicemente l'odiosa voce-off che accompagna ormai troppi film, quasi fosse il commento di un DVD, il regista ci catapulta in medias res, in una notte buia durante la quale un giudice chiede aiuto a un amico e poi viene ucciso. E’ l'inizio di un rompicapo nel quale, fra vari twist e turn, si fa strada una domanda per così dire esistenziale: chi è veramente un uomo? Quante maschere riesce a portare nell'arco di un'esistenza? L'uomo, qui, è soprattutto il vicequestore Francesco Prencipe, accusato, in una Puglia senza sole, senza trulli e cupa e dolente grazie alla fotografia di Fabio Zamarion, di omicidio. L'uomo ha gli occhi chiari e il visetto garbato, e un grande Riccardo Scamarcio lo abita come fosse una casa in cui ha sempre vissuto, lavorando di sottrazione un po’ come in Pericle il nero e muovendosi sul confine fra bene e male, fra innocenza e colpevolezza, fra autenticità e manipolazione.

E’ un diavolo il suo personaggio, anzi è il diavolo? Forse. Pur essendo una creatura dei nostri giorni, di sicuro sembra portare sulle proprie spalle una serie di archetipi letterari, e lo stesso accade con l'avvocato Giorgio, intossicato di malinconia e "vinto" nel senso verghiano del termine. Un magnifico Edoardo Pesce incarna le sua sconfitte con rigore e aderisce totalmente alle sue nuance caratteriali, e Zaccariello lo segue e lo racconta, insieme a Prencipe e al giudice Mastropaolo, da ragazzo, da adulto e da un po’ più adulto, alternando continuamente i piani temporali. Si diletta in un gioco di incastri l'autore della commedia con Enrico Brignano Ci vediamo domani, e pensa magari a C'era una volta in America, a Noodles e alla sua solitudine e ad alcuni errori a cui non si può rimediare, solo che la parte della fanciullezza di Francesco, Giorgio e Giovanni non ha l'epicità del film di Leone né di uno Sleepers o di un Goodfellas, e appare strano che quei ragazzi lì, un po’ rigidi e un po’ senz'anima, diventino i grandi del presente o del passato recente.

Ha le idee chiare il regista, che prima di arrivare sul set ha disegnato il suo shooting board, ma, seppur fra slanci di umanità e sospinti dalle note di una musica bellissima, i suoi personaggi danno l'impressione di restare prigionieri del teatrino di marionette in cui li ha collocati. Non accade sempre, ma la complessità dell'intreccio talvolta rema contro la felice anarchia del gioco di artisti che, film dopo film, abbiamo imparato ad apprezzare. E quindi, mentre si avvicina il gran finale, a tratti fatichiamo a identificarci con i loro personaggi e guardiamo, come da dietro un vetro un po’ appannato, una realtà di cui non riusciamo a distinguere proprio tutti i contorni. Il che va bene, sempre in nome della necessità di non spiegare le cose, ma se è vero, come diceva Dostoevskij, che dietro ogni delitto c'è sempre una vicenda umana più interessante del delitto stesso, la troppa ricerca formale la lascia venir fuori solo a tratti questa vicenda, rischia di ostacolare il fluire delle emozioni e di impedire che il sommerso dei 3 giovani di un tempo innamorati della legge venga fuori, anche se per qualcuno arriva una catarsi, una ricompensa, un atto di generosità da parte della vita che - meno male! - ci fa sentire di nuovo il battito di Non sono un Assassino.

Non sono un Assassino è stato presentato in anteprima internaziionale al Bari International Film Festival 2019



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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