Nella valle della violenza: recensione del western con Ethan Hawke e John Travolta

02 giugno 2020
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Gustoso divertente e molto violento western della premiata ditta Blumhouse che ripropone l'ennesimo ciclo di violenza non dimenticando l'umorismo liberatorio.

Nella valle della violenza: recensione del western con Ethan Hawke e John Travolta

Sembra proprio che Jason Blum sia il Roger Corman del nuovo secolo: produttore di film a basso costo che si trasformano praticamente sempre in ottimi successi commerciali, grande predilezione per il genere, non dimenticando la sua capacità di raccontare il presente dietro una storia apparentemente svagata e slegata dall’attualità, e poi una notevole abilità nel riconoscere e allevarsi in casa il talento. È una produzione Blumhouse anche questo Nella valle della violenza, che rappresenta una delle rare sortite dall’horror per la premiata ditta, ma anche per il regista, Ti West. Ma siamo pur sempre dalle parti del genere per eccellenza americano, il western, e la violenza certo non manca, così come alcune scene ai limiti dello splatter, fin dal titolo.

In realtà il microcosmo che è al centro di questo film è simile a molti altri che hanno affollato l’immaginario degli autori e degli spettatori western. Arriva uno straniero in città, un disertore che si sta dirigendo verso il Messico. Prima di arrivare in paese, o nella valle, incontra qualcuno che gli anticipa cosa troverà, ovviamente terribili abitanti e sgradevole accoglienza, e arrivando, finalmente, nonostante sia silenzioso e pensi agli affari suoi, finisce suo malgrado costretto a partecipare a una rissa, seguita poi da una vittoria e una precipitosa fuga, nonostante una fanciulla lo vorrebbe tutto per sé. Però non può mancare un tentativo di vendetta, seguito poi dalla contro vendetta e dal regolamento di conti finale.

Insomma, gli archetipi e le dinamiche narrative classiche ci sono tutte, con tanto di rapporto fra un padre sceriffo spietato ma a suo modo abile e il figlio totalmente idiota, avventato e arrogante. Ci sono poi due sorelle che gestiscono una locanda, dal rapporto complesso che genera una certa rivalità e un dualismo sempre in movimentoQuello che lo rende diverso dal western classico è una certa ibridazione con i prodotti più ironici, diciamo pure con gli spaghetti western, sempre che questa definizione sia ancora concessa. La violenza ha una funzione spesso divertente ed eccessiva, così  come alcuni personaggi buoni per rompere la tensione e dare respiro alla storia, come un predicatore dalla pistola pronta e la bottiglia in resta, che appare nei momenti più opportuni (solo) per essere picchiato e derubato dal nostro eroe.

Eroe si fa per dire, perché il disertore non ha neanche il coraggio di tornare da moglie e figlia, e gira con il suo cane con la speranza di cambiare vita e lasciarsi tutto alle spalle. Lo interpreta Ethan Hawke, con giusto equilibrio fra toni drammatici, epici e semplicemente scettici. Il paese, Denton, è in crisi. Nel 1890 rimangono solo i ruderi del suo passato minerario glorioso, un passato che ha lasciato il segno sullo sceriffo, un John Travolta spietato e spassoso, con una gamba di legno, incapace di accettare quanto sia idiota il figlio. Poi ci sono le due sorelle, su tutte l’adolescente Mary-Anne, un peperino ben più maturo della sua età, che conferma il talento della figlia d’arte Taissa Farmiga.

Visivamente elegante e curato, girato in 35mm, il film ci racconta un mondo testardo come le persone che lo popolano, quello del vecchio West, in cui basta poco per scatenare un’ondata di violenza senza fine e quasi grottesca, visto da dove proviene. Non manca il passato, sempre presente a segnare le colpe e le angosce dei capitani di ventura e sventura che popolano questa terra arida e senza futuro, in cui nessuno è un brav’uomo: “non lo sono più”, come dice Ethan Hawke, che con saggezza ricorda sempre che “il mondo è grande là fuori, e tutti soffrono”, e allora, alla fine di questa assurda violenza, potrebbe esserci veramente spazio per il povero predicatore, perché di assoluzioni ne avranno bisogno in parecchi, nella valle della violenza.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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