Mixed By Erry: la recensione del nuovo film di Sydney Sibilia

01 marzo 2023
4.5 di 5
97

L'amore per la musica. la fratellanza e la famiglia al centro di Mixed by Erry, il film di Sydney Sibilia che racconta la storia dei primi pirati napoletani che con le loro compilation conquistarono l'Italia. La recensione di Daniela Catelli.

Mixed By Erry: la recensione del nuovo film di Sydney Sibilia

Per come la pensa la sottoscritta, dovrebbero esserci più registi come Sydney Sibilia nel cinema italiano. Veri e propri archeologi metropolitani, capaci di portare alla luce storie quasi dimenticate ma vitali, originali e drammaticamente divertenti, che raccontano molto del nostro Paese e parlano a più generazioni. E che lo fanno, per di più, senza annoiare, con un senso del ritmo e dello spettacolo sempre presente. Così, dopo L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, ma a parer nostro in modo migliore, torna finalmente al cinema Mixed by Erry, quinto film del regista esploso con la trilogia di Smetto quando voglio, a ricordarci che è esistita un’epoca digitale in cui la musica era un oggetto fisico, da comprare, scambiare, regalare tra amici e fidanzati, e nel nastro di un’audiocassetta erano rinchiusi sogni e speranze di una generazione.

Anche se non è esattamente tale, il film ha le basi di una storia di riscatto, quello di tre fratelli cresciuti nel rione Forcella nella Napoli degli anni Ottanta, con una madre giovane e protettiva e un padre che campa “onestamente” vendendo al mercato agli acquirenti whisky a base di té. Una piccola truffa, per evitare di finire in giri più brutti e pericolosi, che sembra il destino di molti che vivono nel quartiere. Per Enrico Frattasio (Luigi D’Oriano), il più timido dei figli, appassionato cultore di musica fin da bambino, il sogno è quello di diventare un deejay, mestiere improbabile per uno come lui. Ma una passione non si può spegnere, ed Enrico, che all’inizio le fa solo per amici e parenti, continua a creare compilation personalizzate delle hit del momento, poi coi fratelli mette su un negozio e infine una vera e propria impresa industriale (e professionale) di vendita, dando lavoro a centinaia di persone sottratte al contrabbando di sigarette. La loro ascesa sembra inarrestabile, le audiocassette Mixed by Erry sono richiestissime ovunque e la loro necessità di ingenti quantitativi di nastri vergini desta l’attenzione delle grandi industrie del Nord. Il loro acerrimo nemico – in un momento in cui non esiste una legge che tuteli il diritto d’autore dalla pirateria è un finanziere, disposto a tutti pur di fermarli.

Fin dall’inizio del film - che non ha nessuna ambiguità sul tema della pirateria - sappiamo che non andrà a finire bene per Enrico e i suoi fratelli, oggi sulla sessantina e impegnati in commerci più leciti. Ma quello che conta è altro: la ricostruzione (perfetta) di un’epoca in cui c’erano anche grandi gioie collettive (lo scudetto del Napoli) e una creatività in ebollizione che cercava di reinventare la vita in una città divisa tra tragiche alternative, stereotipi centenari e drammatici problemi reali, con una voglia di riscatto che negli anni Novanta fece della capitale campana uno dei centri della vita culturale del Paese. C’è una voglia di vivere feroce, di divertirsi, ballare, stare in compagnia e di emergere (per molti cantanti neomelodici entrare in una compilation mixed by Erry era come vincere una gara canora). Chiunque abbia vissuto a Napoli in quegli anni ricorda il clima che vi si respirava e le bancarelle colme di queste cassette, così diffuse e ambite da dare origine addirittura a copie contraffatte, primo caso di un pirata piratato nella storia della falsificazione. I nastri di Enrico Frattasio erano registrati in modo professionale, copie fedeli degli originali, introdotti dalla sua voce e con tracce bonus. Il colmo si raggiungeva durante il festival di Sanremo, quando, a manifestazione ancora in corso, le compilation delle canzoni in gara era già in vendita.

Tutto questo e non soltanto – l’amicizia, la fratellanza, l’importanza degli affetti famigliari - viene raccontato da un film che è la perfetta fotografia di un’epoca e parla a più generazioni: dai quarantenni come il regista ai coetanei dei fratelli Frattasio, ma anche ai ragazzi di oggi, affascinati dal revival di questi oggetti vintage e in apparenza preistorici come i nastri audio e i walkman, in un periodo in cui la musica è solo un file che chiunque può ascoltare gratuitamente. Un po’ quello che è successo anche al cinema con l’arrivo delle piattaforme streaming: per chi lo ha vissuto, niente potrà mai sostituire il fascino dell’esperienza collettiva in una sala comune di fronte a un grande schermo. E in modo analogo alle canzoni, possedere su un hard disk deperibile i film in versione digitale non è la stessa cosa dell’andare ad acquistare, in un negozio, la prima videocassetta o il dvd del nostro cult movie, magari per regalarlo a una persona cara. Mixed By Erry è però, al di là di tutto quello che ci fa venire in mente, un’esperienza godibilissima: divertente, a tratti commovente, scritto, girato e recitato benissimo, a partire dai tre sconosciuti protagonisti ventenni (c’è in D’Oriano un’eco della timidezza del primo Troisi che ci ha colpito e meritano la citazione anche il concreto Peppe di Giuseppe D’Arena e il più borderline Angelo di Emanuele Palumbo), con una colonna sonora d’epoca da paura, ottime track originali firmate da Liberato, una fotografia e una cura per il dettaglio che colpiscono per come sanno rendere l’atmosfera del periodo e ci convincono che la persistenza dei ricordi in certe persone (Sibilia era bambino negli anni di cui racconta) è più efficace e veritiera della dichiarata meticolosità delle ricerche che spesso producono ricostruzioni ridicole come quelle di House of Gucci.

L’impresa meridionale dei fratelli Frattasio non poteva trovare casa migliore che in Groenlandia, la società creativa di Matteo Rovere e Sydney Sibilia, cui Raicinema ha fornito il necessario supporto per realizzare al meglio questo film. Ultima nota sul cast: una bella sorpresa Adriano Pantaleo e Cristiana Dell’Anna nel ruolo dei genitori, splendido il piccolo ruolo dell’esponente della Milano da bere di Fabrizio Gifuni e a tratti esilarante il ritratto del buono/cattivo Fortunato Ricciardi di Francesco Di Leva, uno degli attori più talentuosi e trasformisti in circolazione. E mi raccomando: siete già abituati coi cinecomic Marvel, dunque non uscite appena partono i titoli di coda perché c’è una scena bonus che svela uno dei misteri che fanno impazzire il finanziere nella storia. Anche in questo caso, come in altri momenti del film, non ci chiediamo dove finisca la realtà e dove inizi la fantasia, che è un altro dei motivi per cui ci è piaciuto così tanto.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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