Miracolo a Le Havre - Aki sognatore e realista
Abbandonate le atmosfere quasi esclusivamente malinconiche de L'uomo senza passato e de Le luci della sera, Aki Kaurismaki torna al cinema con una favola contemporanea che, al tono mai del tutto solare del suo cinema, associa uno sguardo più positivo
Miracolo a le Havre - recensione del film di Aki Kaurismäki
Abbandonate le atmosfere quasi esclusivamente malinconiche de L'uomo senza passato e de Le luci della sera, Aki Kaurismaki torna al cinema con una favola contemporanea che, al tono mai del tutto solare del suo cinema, associa uno sguardo più positivo e carico di disincantata speranza.
Anche in trasferta in Francia, il film è ambientato nella città portuale del titolo, Kaurismaki punta il suo sguardo sull'umanità più marginale, quella proletaria, quella diseredata, quella senza una terra. Perché il cuore di Miracolo a le Havre è tutto nel rapporto tra uno scalcinato lucidascarpe che tracanna vino e non paga i conti e un giovane migrante africano fuggito dalla polizia. L'uomo, che nel frattempo avrà scoperto la moglie malata, si prenderà cura del ragazzo e cercherà di farlo arrivare in Inghilterra, facendo rete con i suoi amici di quartiere e cercando di eludere le attenzioni di un poliziotto disincantato.
Se il quadro in cui le vicende sono ambientate è nuovo, le caratteristiche dello stile del finlandese non hanno subito conseguenze dall'attraversamento dei confini, e Miracolo a le Havre ripresenta tutto il singolare anti-romanticismo del suo autore, il suo stile surreale e para-verista al tempo stesso, la sua evidente fascinazione per i polar.
Ma Kaurismaki è tutt'altro che incancrenito dentro un binario e dimostra di saper rinnovare i suoi punti di forza e le sue idiosincrasie, aggiungendo a queste sfumate variazioni un protagonista che è assai lontano da quelli descritti dei suoi ultimi film, eppure squisitamente kaurismakiano: Marcel Marx, nome di certo non casuale, è un ex bohémien ottimista e generoso, candido ma tutt'altro che sciocco, che non esita a prendersi cura di uno sconosciuto anche a rischio di sottrarre del tempo alla moglie malata.
Il cuore di denuncia sociale e il fuoco indiretto di Miracolo a le Havre sono tutti nella contrapposizione tra Marcel e i suoi amici, pronti ad aiutarlo e sostenerlo anche più di prima una volta conosciuto il suo piano, e un sistema politico e giudiziario cieco e meccanico, nel quale però fortunatamente esistono ancora anticorpi d’umanità d’altri tempi. D'altri tempi infatti è il commissario interpretato da Jean-Pierre Daroussin, figura che pare uscita da un film di Melville e che ne ripropone la carica morale. D'altri tempi è il côté di Marcel e dei suoi amici, iconograficamente e non.
Ma non c'è nostalgia romantica, in Miracolo a le Havre. C'è invece un’affermazione sognante e politica al tempo stesso, che si rivela in un finale aperto alla speranza e, al tempo stesso, e ammantato di consapevole malinconia. Perché se Kaurismaki racconta come far del bene faccia miracoli, racconta anche che trovare qualcuno che faccia del bene, oggi, è raro quanto un miracolo.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival