Minuscule - La valle delle formiche perdute: La nostra recensione del film d'animazione

19 gennaio 2015
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Gli insetti di Szabo & Giraud volano al cinema e non deludono affatto

Minuscule - La valle delle formiche perdute: La nostra recensione del film d'animazione

Nata nella seconda metà degli anni 2000, la serie tv animata Minuscule ha mostrato subito un fascino e un carattere particolare. I suoi creatori Hélène Giraud (figlia di Moebius) e Thomas Szabo hanno puntato a ricreare, per usare le loro parole, haiku umoristici: fulminanti cortometraggi di quattro-cinque minuti, gli episodi raccontavano avventure di insetti ricreati in CGI, fotomontati su riprese dal vero. Senza dialoghi. Quando un simile materiale viene gonfiato e tradotto dai suoi autori per il grande schermo, in un lungometraggio di un'ora e mezza, non si può che temere il peggio. Quando il peggio non solo è sventato, ma genera un cartoon che per poco (e legittimamente) non ha ottenuto una nomination all'Oscar, ci si deve soltanto levare il cappello.

Minuscule - La valle delle formiche perdute è la storia di una coccinella appena nata, che perde di vista la sua famiglia a causa di mosche rissose, aggregandosi a una compagnia di formiche che cercano di portare al formicaio un prezioso bottino: una latta piena di zollette di zucchero, dimenticate in un picnic. Inseguite e poi assediate da pericolose formiche rosse, saranno salvate solo dalla creatività e dalla voglia di lottare proprio della piccola coccinella.

Forse si penserà a A Bug's Life, e la morale di auto-aiuto e primato dell'intelligenza fa scattare il legame, ma Minuscule non potrebbe essere nello stile più diverso dal gusto dell'animazione americana. Per novanta minuti nessun personaggio pronuncia una sola parola: l'intera storia, decisamente più articolata degli haiku televisivi, dev'essere quindi narrata in altri modi, e in questa ricerca c'è l'essenza del cinema, che un esperimento così è pronto a rivelarvi.
Le animazioni, pur comiche, tentanto di non negare mai la reale anatomia degli insetti, con appena qualche licenza poetica in occhi grandi e spesso sbarrati in modo esilarante. Il sound-design fa esprimere tutti i protagonisti con buffissimi versi, e come nella serie tv propone effetti sonori metaforici, con improbabili potenti tonfi a ogni caduta, oppure clacson e motori che si elevano dalle autostrade del cielo, pullulanti di api, libellule e mosche.

Queste soluzioni, immerse nelle abbaglianti riprese realizzate sul massiccio dell'Ecrins e nel Parco Nazionale di Mercantour, rileggono il reale con la fantasia, e fanno coesistere l'epica vicenda di finzione, condita di tocchi surreali e commentata da musiche trionfali di Hervé Lavandier, con il vero asse portante della poetica degli autori e del film: un costante inno alla vita che pulsa davvero nello scenario vivo. L'uomo non è il nemico. Il picnic è dimenticato perché la coppietta in gita aspetta un figlio e lei sta per partorire, e persino fiammiferi e auto alla fine avranno una loro utilità: si evitano così gli schemi ritriti del film ecologista, concentradosi su un microcosmo di tenera intelligenza, su una natura sognata come forte e resiliente. La coccinella è la vera eroina, perché a dispetto di tutto si adatta ad andare avanti con ciò che il destino le offre, in nome della pura sopravvivenza.
Vedere Minuscule è somministrare a se stessi una dose di sincerità e serenità.





  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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