Maze Runner - Il labirinto: la nostra recensione del film
Il film si inserisce con dignità nel genere 'fantasy distopico' molto in voga in questi anni.
Un altro adattamento da un romanzo di narrativa YA (destinata ai lettori Young Adult, la fascia d’età che ipoteticamente va da 14 a 25 anni), in cui anche in queste pagine l’ambientazione è quella di un futuro distopico. Entriamo gradualmente all’interno delle regole della storia attraverso gli occhi del protagonista Thomas, l’ultimo arrivato nella Radura. In questo quadrato di prato e boscaglia grande quanto Central Park vivono una trentina di ragazzi adolescenti. Nessuno ricorda il proprio passato e, soprattutto, nessuno sa per quale motivo quel quadrato di natura selvaggia sia recintato da mura di cemento alte almeno 25 metri. Thomas si dimostra subito un ragazzo sveglio e irrequieto, qualità indispensabili per risolvere l’enigma velocemente proprio come ci si aspetterebbe. Ed entro le quasi due ore del film.
La riduzione delle pagine di James Dashner a sceneggiatura è una prima virtù che Maze Runner - Il labirinto può vantare. Personaggi e relazioni tra loro sono la vera ossatura del film, il cui accattivante mistero labirintico arriva in seconda battuta. Caratteri e personalità vanno in conflitto come in una qualunque società in cui la democrazia vige per il bene comunitario e nella quale il carisma, il talento e l’innata leadership di alcuni individui determina il destino di tutti, nel bene e/o nel male (è palese il riferimento al romanzo "Il signore delle mosche" di William Golding). Senza avere lo spessore etico di Ender’s Game, il copione di Maze Runner schiva i cliché e sintetizza bene i passaggi fondamentali del libro. Il quesito è: meglio vivere sicuri e sottomessi entro i confini del mondo conosciuto e collaudato o cercare risposte valicando le proprie paure con coraggio e determinazione? Le mura del labirinto sono quel confine. Dall’altra parte si annidano ansie, fobie e pericoli sottoforma di voraci creature bio-metalliche chiamate Dolenti.
Sotto il profilo estetico e più superficiale, il film diretto dall’esordiente Wes Ball produce del buon intrattenimento. Il regista evita la trappola della ripetitività di situazioni e anche visualmente la situazione claustrofobica vissuta dai protagonisti si rinnova di sequenza in sequenza. Anche nella figura chiave di Thomas, Maze Runner trova l’appropriata interpretazione del ventitreenne Dylan O’Brien. Naturalmente il film si conclude, dà risposte e pone contemporaneamente nuovi interrogativi che saranno affrontati nel prossimo adattamento (secondo di tre) di Maze Runner - La fuga, già in lavorazione.
- Giornalista cinematografico
- Copywriter e autore di format TV/Web