Maria Regina di Scozia: recensione dell'affresco in costume con Margot Robbie e Saoirse Ronan

15 gennaio 2019
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Una nuova, ennesima versione della disfida fra Maria Stuart e la cugina Elisabetta I.

Maria Regina di Scozia: recensione dell'affresco in costume con Margot Robbie e Saoirse Ronan

Il sapiente storico insegna che ogni epoca racconta il proprio passato con un occhio, se non entrambi, al presente, in questo commettendo inevitabili anacronismi, illuminando però ragioni e speranze di chi si è messo a studiare il passato in un determinato momento storico. Pochi casi si adattano come gli incastri dinastici, le baruffe fra parenti alla lontana che hanno regnato in Europa fra medioevo ed età moderna fino a rincretinire di consanguineità i regnanti dell'Antico regime. Quando poi ci sono di mezzo due donne, per di più cugine, divise da una fede religiosa e da un’orda di rispettivi nobili di corte bramosi di sangue e potere, allora possiamo addirittura riconoscere una sterzata di improvvisa simpatia a Hollywood, chissà quanto forzata, verso il femminismo, se non proprio il movimento #MeToo, che ne ha sconvolto le acque torbide, chissà fino a quando e a che punto.

XVI secolo. Elisabetta regina d’Inghilterra, figlia di Enrico VIII, da cui ereditò, oltre a un regno così importante anche la riforma religiosa, protestante in chiave anglicana, con al centro quindi la monarchia, contro la cugina Mary Stuart di Scozia, diventata regina consorte di Francia dopo essere scappata dalle guerre anglo-scozzesi, di ritorno nel suo paese del nord alla morte del marito Francesco II, la cui sola presenza nell’Isola minacciava il trono della cugina, viste le fondate pretese della casata degli Stuart sul trono di Londra.

Un dualismo fra regine che avrebbero potuto allearsi e cambiare le cose, magari il mondo intero, invece di finire per farsi la guerra: è questa la chiara tesi dell’affresco storico Maria Regina di Scozia, portato al cinema da un’altra donna, Josie Rourke, a partire da una sceneggiatura di Beau Willimon. Mary è affascinante, cresciuta nella raffinata corte francese di Caterina De’ Medici, addirittura viene rappresentata come un’eroina LGBT friendly, capace di usare il sesso come strumento di provocazione nei confronti degli uomini che si è vista imposta da convenzioni e alleanze di quella conventicola fallocratica di corte che in fondo somiglia a Hollywood. Al contrario Elisabetta è schiva, complessata dalle sue malformazioni alla pelle che la portano a riempirsi il volto fino a dare alla pelle quel colorito lattiginoso con cui è iconograficamente passata alla storia. Un momento cruciale è quello in cui si incontrano finalmente, in una delle scene più intense del film di Josie Rourke, una di quelle slinding doors che presto si chiuse con Elisabetta pronta a indurirsi e diventare la Virgin Queen e Mary dietro le sbarre per molti anni prima di venire sacrificata sull’altare della real politik dinastica.

Margot Robbie conferma dopo Tonya di dover quasi espiare l'esplosione di vitalità e sensualità di The Wolf of Wall Street con una tendenza a imbruttirsi per dimostrare le sue notevoli qualità di attrice, un pegno da pagare a quella fallocrazia della California meridionale di cui si diceva prima, mentre per Saoirse Ronan questo ruolo è il primo da adulta, da donna carismatica e sensuale, maturata dopo l’adolescente adorabile di Lady Bird. Non più solo una delle promesse della nuova generazione, ma una delle attrici che faranno il cinema dell’immediato futuro. Elegante e pieno d’arguzia, Mary Regina di Scozia si fa perdonare le forzature storiche, la tendenza all’anacronismo soap, grazie a due protagoniste in stato di grazia e al cinismo di uno sguardo nei corridoi del potere col marchio di fabbrica di Beau ‘House of Cards’ Willimon.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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