Lou Von Salomé - la recensione del film biografico

25 settembre 2019
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Una bella opera prima tedesca sulla filosofa, psicanalista e pioniera femminista.

Lou Von Salomé - la recensione del film biografico

Lou Von Salomé è un personaggio così sfuggente che è difficile identificarla anche in un solo nome: nata nel 1837 a San Pietroburgo, ultima di sei figli, in una famiglia colta e intellettuale di origine tedesca, fu battezzata col nome di Luíza Gustavovna Salomé ma è nota anche come Lou-Andreas Salomé ed è stata immortalata da uno dei suoi amanti, Frank Wedekind, nel suo dramma Il vaso di Pandora, sulla seduttrice Lulu, portata poi sullo schermo splendidamente da un'altra Lou, Louise Brooks, nel capolavoro di Pabst. Simile in questo ad Alma Mahler, musa ispiratrice di uomini celebri e come lei anticonformista, Lou Salomé se ne differenziò per il carattere e le posizioni ancora più estreme, tese ad affermare una personalità che nella società del tempo a una donna non era concesso avere.

Per poter studiare filosofia e scrivere -  concentrandosi sul mondo dello spirito apollineo, prima di cedere al richiamo del dionisiaco - rifiutò di sposarsi e di avere rapporti sessuali fino all'età di 36 anni e il suo scandaloso triangolo con Friedrich Nietzsche e l'amico Paul Reé fu in realtà casto (a differenza di come lo ha rappresentato Liliana Cavani in Al di là del bene e del male). Lou difese il suo diritto ad un paritario cameratismo, ma anche i suoi eccelsi amici non seppero assecondarla nel suo desiderio di indipendenza e le loro richieste di matrimonio posero fine al loro rapporto. Chiamata puttana quando era ancora vergine e acclamata nel suo periodo più promiscuo, Lou Von Salomé mise in evidenza con la sua intelligenza e il suo carattere le contraddizioni della società in cui viveva, donna moderna tra gli antichi, creatura in movimento in una società statica che non sapeva starle al passo.

Il film biografico della regista Cordula Kablitz-Post, che lo ha anche scritto assieme a Susanne Hertel, ne dimostra il dinamismo intellettuale con un'invenzione scenografica di grande effetto. Quando Lou si sposta da San Pietroburgo a Berlino e da lì a Roma e in Svizzera, la vediamo muoversi in una cartolina colorizzata delle varie località, un'immagine di raccordo molto bella che esprime anche, come dicevamo, il senso di una vita avanti sui suoi contempoanei, sempre alla ricerca di nuove forme di espressione e libertà. Kablitz-Post, che ha alle spalle una carriera da documentarista, inizialmente avrebbe voluto realizzare un ritratto oggettivo del personaggio, ma a parte i suoi scritti non sono rimaste registrazioni della sua voce o riprese che la ritraggono: c'è la famosa foto con Nietzsche e Rée sul carretto, riprodotta nel film, ma i documenti non bastavano a raccontarne la vita, per cui è nata l'idea di questo film basato sui libri, le lettere e le testimonianze, e di inserirlo all'interno di una cornice che vede Lou Von Salomé già malata a 72 anni, a Gottingen, dettare le proprie memorie al germanista Ernst Pfeiffer, che diverrà il fedele curatore delle sue volontà testamentarie e delle edizioni postume delle sue opere.

Siamo nel periodo buio del Terzo Reich, quando si prepara la distruzione della civiltà e della pace mondiale e divampano i roghi di libri di personaggi pericolosi come Marx, Trotsky e perfino Tolstoy, e quando si vanno a cercare ascendenze ebraiche anche in personaggi pubblici come lei, che pur non avendone viene comunque minacciata. Per questo Lou non ha problemi a bruciare essa stessa quello che non vuole venga conosciuto dal mondo e ad epurare le sue memorie, perché da psicoanalista freudiana sa che il privato e l'inconscio appartengono a una sfera non pubblica e non vuole dare in pasto agli avvoltoi le sue doloranti viscere. Cordula Kablitz-Post inserisce comunque episodi di questa vita: il grande amore per il poeta Rainer Maria Rilke, il “finto matrimonio”, la gravidanza, la passione per un medico e altri amanti occasionali, ma non lo fa mai con sguardo voyeuristico o peggio ancora moralista: l'ammirazione per una donna che vive la sua vita con tutte le sue contraddizioni, dolori e piaceri, senza curarsi del giudizio altrui accompagna il racconto, costretto dall'intensità di questa esistenza ad eliminare intere parti e a comprimerne altri (come il rapporto con Sigmund Freud), senza mai ridurre il film a un bignamino superficiale.

Ad aiutare l'autrice in questo non facile compito sono gli attori, tutti perfetti (e somiglianti anche fisicamente ai loro modelli), soprattutto le interpreti di Lou Von Salomé nelle diverse fasi della sua vita, e in particolare Katharina Lorenz, che la rappresenta dai 21 ai 50 anni, e la straordinaria Nicole Heesters, che in tarda età mantiene intatta la sua bellezza e il guizzo ironico nello sguardo, simbolo di uno spirito giovanile e mai domo. Contribuiscono tutte, in questo esemplare biopic, a riportare in vita una donna che lottò strenuamente per realizzare se stessa, che era quello che l'amato e comprensivo padre, presto scomparso, le aveva lasciato scritto su un biglietto. “diventa quello che sei”. Un'impresa che in certi periodi storici e in certe latitudini richiedeva un coraggio ancora oggi impensabile e che proprio per questo potrebbe essere d'esempio a molte giovani donne di oggi.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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