La testimonianza: recensione del dramma fra intimismo e memoria della Shoah presentato a Venezia 2017
Un indagine di uno storico su un massacro dimenticato.
I crimini più atroci della Shoah furono perpetrati nell’idillio della campagna, non certo nelle rumorose città. Il contrasto brutale fra la soave colonna sonora della natura e quello dei treni in arrivo, degli ordini urlati o del terribile odore proveniente dai camini delle camere a gas in azione, è uno dei veicoli attraverso il quale memorialistica, saggistica, letteratura, ma anche e soprattutto cinema, hanno trasmesso quegli eventi. Ce lo ricorda ancora una volta l’israeliano Amichai Greenberg ne La testimonianza, che ci conduce in un paesino austriaco come tanti, raccontando di una strage di duecento ebrei compiuta proprio mentre i russi erano a pochi chilometri dalla cittadina e dalla liberazione di questo campo di lavoro (non di sterminio). Un eccidio “minore”, ispirato a un fatto reale, ancora più radicato nella vita quotidiana di quella realtà perché compiuto a colpi di fucile, quindi sentito da molti testimoni, ma rimosso e negato.
Settant’anni dopo, lo storico Yoel dello Yad Vashem di Gerusalemme cerca di bloccare la costruzione di un complesso immobiliare in quei terreni rimasti negli anni liberi, creando notevole attenzione mediatica, in Austria come in Israele. Se la speculazione diventasse realtà renderebbe vani gli sforzi di trovare l’esatta collocazione della fossa comune in cui vennero gettate le vittime. Il problema è che le testimonianze esistenti sono di persone morte o incapaci di ritrovare con esattezza quel luogo, visto che la memoria è certo ben viva, ma anche provata da tutti quei decenni.
Strutturato come un thriller procedurale, portato avanti più come un’indagine poliziesca che storica, ruota intorno ai capisaldi dello stesso stato di Israele, della sua ragion d’essere e di quella dei suoi cittadini: memoria, identità, silenzio, verità.
Se la responsable dell’Istituto di ricerca utilizza l’arma politica per eccellenza, il compromesso, l’ostinato Yoel, da buon storico, è ossessionato dalla verità, dalla ricerca dei fatti prima che la memoria di quella quotidianità svanisca definitivamente negli ultimi testimoni.
La testimonianza è in fondo la missione stessa dello Yad Vashem e dell’immenso archivio filmato promosso da Steven Spielberg in cui sono raccolte le storie di migliaia di sopravvissuti all’Olocausto, alcune delle quali secretate fino alla loro morte, per poi diventare fonti primarie di ricerca storica. Ma Yoel vuole rompere questa segretezza, così come quel silenzio che è al centro del racconto di Amichai Greenberg: quello di generazioni di abitanti del paese austriaco, ma anche quello che ha sentito assordante anche in casa, con la madre che lo lascia a occuparsi dello ‘Shoah business’ senza contribuire alla sua sete di verità.
Pubblico e privato, Storia e storia si intrecciano durante l’indagine di Yoel, che scoprirà una sconvolgente novità sulla madre, per lui molto religioso, che lo porrà di fronte alle conseguenze della sua ricerca della verità. La testimonianza è una via crucis condotta con grande rigore che dice le cose più interessanti quando scava nella condizione di oggi degli ebrei israeliani, nella memoria che entra nella carne e nel sangue, nonostante sia relativa a fatti non vissuti direttamente, proprio perché legata all’identità ebraica matrilineare, ancora principale dogma, ma ormai messo in discussione, su cui far crescere ed educare le nuove generazioni.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito