La prima pietra: recensione della commedia di Rolando Ravello con Corrado Guzzanti e Lucia Mascino
Una commedia sulle intolleranze con la giusta dose di scorrettezza.
La pietra ha un’importanza mica da ridere per le religioni monoteiste: che sia da scagliare prima degli altri o nera o buona per edificarci sopra un bel tempio. Uno spunto che il commediografo Stefano Massini, tra i nostri autori teatrali maggiormente messi in scena all’estero, testo di riferimento la Lehman Trilogy, ha sviluppato raccontando l’eterna incomunicabilità fra adulti fedeli delle tre religioni abramitiche. Il tutto all’interno di un microcosmo della periferia romana, una scuola elementare, in cui è decisamente alto il tasso di multiculturalismo. Ma non sono i bambini, in realtà, al centro della vicenda raccontata ne La prima pietra, pur partendo tutto da un lancio ben assestato dal giardino di un sasso bello aguzzo da parte del piccolo Samir. La mira o il caso l’hanno portato a sfondare una finestra e colpire due bidelli.
Il tutto il 23 dicembre, proprio il giorno in cui è prevista la recita natalizia a cui il preside (Corrado Guzzanti) tiene particolarmente, soprattutto per regalarsi un attimo di illusoria felicità, sognando di essere un regista geniale alle prese con Sant’Agostino e uno spettacolo in cui inserisce anche riferimenti ad altre religioni oltre alla cattolica. Naturalmente si tratta più di una superficiale operazione cosmetica, nell’era del politicamente corretto, non certo del frutto di vere convinzioni sincretiche, come la decisione di abolire presepe e crocifisso in classe.
Quante eterne questioni capaci di scatenare furie spesso secolari e sanguinarie, che Rolando Ravello, qui alla terza regia, ripropone in chiave comica, basandosi su un testo solido e divertente. Quindi eccoli tutti riuniti i personaggi in una improbabile indagine per scoprire la verità: nell’ufficio del preside troviamo la maestra (Lucia Mascino), i bidelli (Valerio Aprea e Iaia Forte), oltre alla mamma e alla agguerrita nonna, con velo, di Samir (Kasia Smutniak e Serra Yilmaz).
Un vero microcosmo che farà scintille, prima cercando il dialogo pacato e poi sempre più scaldando gli animi e dimenticando, rigorosamente, di scoprire le ragioni per cui il bambino avrebbe tirato la pietra, e in generale disinteressandosi completamente dei pargoli. Una commedia corale che vince la sfida di non scadere nell’adattamento teatrale claustrofobico, permettendosi di non risparmiare nessuno dei presenti. La cattiveria, senza abuso del bilancino del politicamente corretto; che bello ritrovare uno degli ingredienti più preziosi della commedia italiana degli anni d'oro, senza assoluzioni qualunquiste, ma semmai la capacità di farci ridere, a tratti non poco, delle piccole mediocrità che sono anche nostre.
Contribuisce alla riuscita una scrittura precisa e cinica, nobilitata da quella che probabilmente è la migliore performance al cinema di un fuoriclasse della comicità in altri scenari come Guzzanti, ben aiutato da Lucia Mascino, la cui recitazione molto personale e vagamente ansiogena si adatta bene alla commedia. Sono però tutti gli interpreti a funzionare, con una sorpresa, un volto nuovo che ci piace segnalare: quello della segretaria del preside, Caterina Bertone, vera vincitrice della disfida, attenta a monetizzare sulle spalle della mediocre vanità del suo capo.
Non vedrete più il bue del presepe allo stesso modo, merito di una scena, dilatata, da culto istantaneo, con Corrado Guzzanti e Ravello che dimostrano come non servano per forza tempi frenetici, magari dopati al montaggio, per far ridere.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito