La mossa del pinguino - la recensione della commedia di Claudio Amendola
L'esordio alla regia dell'attore conquista un posto nel cuore del pubblico.
Un film con la stoffa del campione. La mossa del pinguino può non vincere la competizione, non incassare al box office tanto da impensierire altri contendenti, non guadagnare spazi da prima pagina, eppure si fa ricordare per essere uno di quei film che si conquistano uno spazio nel cuore di chi li guarda. L’esordio di Claudio Amendola alla regia non poteva essere di migliore auspicio per la sua carriera dietro la macchina. da presa. Si tratta senz’altro di un piccolo film, con difetti, con ingenuità, ciononostante può vantare un’umiltà di fondo che altre commedie italiane non hanno.
Alla sceneggiatura scritta e riscritta, prima da Michele Alberico e Giulio Di Martino poi da Claudio Amendola e Edoardo Leo, va un plauso per un’equilibrata distribuzione degli spazi ai personaggi e degli umori narrativi. Con una partenza introduttiva che stenta leggermente ad ingranare la marcia, il film trova progressivamente una perfetta calata degli attori nei rispettivi personaggi con alcune battute riuscendo anche ad incanalarsi in una vena malinconica senza restarne prigioniero.
Sport, amicizia, agonismo, aspirazioni, riscatto, fanciullezza e responsabilità sono i post-it che il regista deve aver appeso sul proprio frigorifero per non dimenticare di cosa trattasse il suo film. La facciata farsesca del soggetto (quattro romani si improvvisano giocatori di curling con tanto di sogno olimpico) non ha mai il sopravvento sui sentimenti che sono evidentemente l’interesse prioritario del regista. E per quanto si ripaghi con i capitomboli sul ghiaccio e le situazioni caricaturali, La mossa del pinguino si qualifica ampiamente nel match del gradimento per le proprie scelte autoriali e il fair play con cui si presenta al pubblico.
- Giornalista cinematografico
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