L'innamorato, l'arabo e la passeggiatrice: la recensione del film di Alain Guiraudie
Una storia d'amore e paranoia sociale in una inusuale commedia spiazzante L'innamorato l'arabo e la passeggiatrice per Alain Guiraudie abituato a raccontare drammi intensi. La recensione di Mauro Donzelli.
Per reinventarsi decide di affidarsi a personaggi scavati nelle pieghe di una città di provincia, marginali testimoni improvvisamente spinti nel mezzo dell’azione, in una società in preda alla paranoia e all’ossessione legata all'aspetto del proprio vicino, mentre degli attentati terroristici la colpiscono. Alain Guiraudie viene dalla Francia di provincia e rurale, dalla pronuncia ben lontana dalla rotonda dolcezza di Parigi, in cui le priorità sono magari anche le stesse - in estrema sintesi la ricerca dell’amore - ma vengono inseguite con ritmi diversi. Dopo essere emerso a 50 anni da una carriera di rigoroso narratore della cultura popolare grazie al trionfo di critica de Lo sconosciuto del lago, magistrale storia sull'ossessione di amore e morte, Alain Guiraudie si lascia alle spalle il suo film più pessimistico, Rester vertical, sui panorami orizzontali fra natura e disincanto a lui particolarmente cari, per una sghemba. Certo, sempre sghemba e personale, ma sempre di una commedia si tratta, dopo due film particolarmente cupi.
Il titolo italiano, degno di un tris di carte del Mercante in fiera, che riportiamo con svogliato scrupolo deontologico - L’innamorato, l’arabo e la passeggiatrice - ha almeno il pregio di sintetizzare, banalizzando, come ci si trovi di fronte a un triangolo.
Primo film di ambientazione urbana, seppure in una invernale e grigia Clermont-Ferrand, proprio nel centro della Francia, in cui Guiraudie abbandona gli esterni assolati per chiudersi spesso in interni dai colori pesanti, passati di moda come una moquette lurida di un hotel da una stella (generosa) e da molte ore di sesso a pagamento. Proprio il luogo in cui ruotano le vicende della curiosa coppia di protagonisti, che si incontrano prima per strada in un giorno qualunque. Médéric ha una trentina d’anni, Isadora è una prostituta di più di 50. L’innamorato e la passeggiatrice del titolo. Per aggiungere l’arabo basti dire che si tratta di Selim, un giovane senza fissa dimora che si piazza nell’altro luogo nevralgico di questa vicenda: l’appartamento di Médéric.
Un triangolo fra sesso come disinvolto mezzo di una comunicazione altrimenti impossibile con parole svogliate e una paranoia che monta sempre più in città dopo un attentato notturno in centro città. Inutile dire che il microcosmo sociale di questa piccola realtà sintetizza le paure sociali di un paese che si osserva con diffidenza, in cui il vicino potrebbe essere troppo scuro e sospetto, che tanto poi un atteggiamento minaccioso è facile da individuare. Che sia un palese equivoco poco importa. Fra desiderio e disincanto, complottismo e gelosia, questa commedia delizia per il suo tono oscillante fra l’assurdo e il folle, con sentimenti assoluti di tenerezza infantile. Il tutto a partire da un coito interrotto dall’irruzione dello scompiglio terroristico, sintesi di una società in cui la quotidianità perde la sua spontaneità e la sua tanto confortevole banalità.
Arriva in Italia con qualche anno di ritardo, ma dopo un eccesso di realtà riesce a imporre un tocco di leggerezza e follia alla narrazione sulla società che vive la paura di un colpo di mitra o di un giubbotto sospetto. Perché siamo in fondo anche noi che la temiamo, “questa minaccia", a giovarci di una sana dose di ridicolo e di anarchia, per disinnerscarla con il disincanto e un po’ di laicissimo fatalismo.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito