L’incredibile viaggio del fachiro: recensione dell'avventuroso viaggio in Europa di un giovane indiano

03 luglio 2018
2.5 di 5
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Un inno alla diversità confezionato come prodotto per famiglie.

L’incredibile viaggio del fachiro: recensione dell'avventuroso viaggio in Europa di un giovane indiano

La vita di un fachiro che si imbarcò in un incredibile viaggio prendendo un aereo, invece che una zattera infestata da una tigre assai aggressiva, anche se poi un giro in mongolfiera non se lo nega; volete mettere come il paesaggio è più vario. Ci sono senz’altro delle cose in comune fra Vita di Pi e L’incredibile viaggio del fachiro, non fosse che per il genere ormai desueto, l’avventura, e per il tentativo di far comunicare due tradizione cinematografiche molto diverse come quella occidentale e quella indiana. Anche in questo caso il materiale di partenza è un romanzo di provenienza dal nord del mondo, scritto dal francese Romain Puértolas e pubblicato in Italia da Einaudi con il titolo L’incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea

Negli ultimi anni molte produzioni indiane si sono spostate in Europa per sfruttarne le iconiche bellezze da dare in pasto, con un copia e incolla da cartolina, al pubblico di casa, spesso impossibilitato a vederle di persona. In questo caso il tentativo di mantenere un duplice punto di vista ha finito per generare due luoghi comuni, immaginario per guarnire una storia di buoni sentimenti, innocua e in quanto tale impossibile da criticare con particolare accanimento, pronta per tutta la famiglia.

Rispetto al titolo del libro è saltato il riferimento all’Ikea, immaginiamo per ragioni di diritti, mentre il giro nell’armadio è rapido e piuttosto indolore, non come il battesimo parigino dell’ingenuo protagonista Aja, che con un capovolgimento del luogo comune sui tassisti si ritrova gabbato da un francese molto ciarliero, sorridente, e truffaldino. In realtà è figlio di padre gallo, andato in India molto tempo prima per imparare l’arte del fachiro. Proprio per questo, alla morte della madre, parte in cerca del genitore. La soddisfazione massima è l'arrivo nel centro del mondo che ha conosciuto solo a distanza: il gialloblu di Ikea, solo il punto di partenza di un giro per il continente in cerca dell’amore e di un’avventura picaresca e da racconto per ragazzi.

Girato in inglese, il film è una produzione francese diretta dal canadese Ken Scott, il cui titolo più noto finora era il gustoso Starbuck, con tanto di remake americano con Vince Vaughn, Delivery Man, su un uomo, donatore di seme, che subisce la class action di 142 persone che risultano suoi figli biologici in seguito all’inseminazione artificiale. E non erano neanche tutti i figli nati dal suo materiale genetico nel corso di vent’anni di donazioni.

Come detto qui ci troviamo in territori molto meno ‘adulti’, in cui il percorso del protagonista è un accumulo di situazioni isolate più che un processo narrativo ben preciso. Nel suo rapsodico girare per il continente non si negherà una improbabile amicizia con una star del cinema, Bérénice Bejo, in una Roma altrettanto da cartolina, con tanto di moneta gettata nella Fontana di Trevi. A quel punto, come negarsi un bel balletto alla bollywoodiana? Bisogna dire che il Candide protagonista mantiene un certo equilibrio fra atarassìa ed eleganza. Si chiama Dhanush, astro nascente del cinema tamil e di casa anche a Bollywood. Uno di quei nomi che dalle nostre parti non fanno scattare niente, mentre in patria smuovono milioni di cuori.

Il viaggio del fachiro è un feel good movie da manuale, che però nasconde col suo sorriso quasi inebetito qualche volontà politica, nel raccontare seppur con ironia del fenomeno delle migrazioni degli ultimi anni e risolvendo il tutto in un’ode sincera alla diversità e alla conoscenza reciproca non superficiale.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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