L'Ape Maia – Il Film: la nostra recensione
Una coproduzione tedesco-australiana porta sugli schermi un piccolo mito
Noi italiani l'abbiamo conosciuta nel 1980, quando la Rai trasmise per la prima volta l'anime della Nippon Animation risalente al 1975. L'ape Maia era però nata molto prima, nel 1912, per mano dello scrittore tedesco Waldemar Bonses. Nel 2012, nel centenario della nascita del personaggio, è stata prodotta una serie in CGI nota da noi col titolo di L'ape Maia 3D.
L'ape Maia – Il film si muove nel solco stilistico e produttivo tracciato da quest'ultima serie, ma è apprezzabile che i suoi autori non abbiano usato la sala per pura (e tardiva) promozione del cartoon televisivo. Anzi, la vicenda è un vero e proprio reboot, che parte dalla nascita di Maia, defindendone immediatamente il carattere vulcanico e positivo a oltranza. Incapace di accettare l'anonimato e le attività imposte dalla società dell'alveare, e garantite dalla severa consigliere reale Ronzelia, Maia scappa in cerca di avventure, seguita dall'amico fuco Willi. Con l'aiuto del saggio grillo Flip, capirà appena in tempo che l'imminente guerra delle api contro i calabroni è totalmente inutile, ed è anzi alla base di un complotto.
Dello spirito anime è rimasto ben poco in una produzione internazionale, orientata profondamente verso i modelli americani. Il regista Alexs Stadermann è uno dei reduci della defunta Walt Disney Animation Australia, una delle più talentuose succursali Disney, che tra gli anni Novanta e la prima metà dei Duemila si occupò di diversi bistrattati sequel dei classici, realizzati per l'home video. Senza entrare nel merito dello spirito di quei lavori, la qualità dell'animazione e il rispetto dei tempi narrativi e di montaggio erano degni di nota. Stadermann non li ha dimenticati, e si vede.
Con un budget raccolto in Europa e in Australia, gestito in Germania, L'ape maia – Il film risparmia magari sulla ricchezza delle superfici e sul livello generale di dettaglio, ma non sulla qualità della recitazione. C'è sempre timore quando si esce dal seminato degli alti standard della CGI di Pixar e affini, ma ormai si può dire fugato: tra i risultati tecnicamente pregevoli di opere come Il castello magico o Cattivissimo Me 2 (realizzato in Francia), L'ape maia – Il film non sfigura.
Narrativamente c'è poco di originale da segnalare, almeno se ci soffermiamo sulle sole dinamiche: è centrale il messaggio pacifista. La guerra è voluta, per ambizioni personali, da singoli individui che trascinano le collettività in scontri dei quali la massa capisce ben poco. Ci salverà l'anticonformista, cioè un personaggio che come Maia sfodera l'individualità sufficiente a guardare le cose dall'esterno... e a capire prima degli altri le losche mire.
I genitori sorrideranno di fronte alla semplificazione (anche se il concetto in generale non è affatto stupido), ma loro come i figli dovrebbero comunque apprezzare la protagonista. Esuberante, dotata della riconoscibile energia infinita di un bambino vero, Maia esplode in risate contagiose e considerazioni istintive sul mondo, in una buona fede costante e terapeutica, che travolge il variegato e simpatico cast, nonché noi stessi. A dir il vero c'è il rischio che la sua voce risulti a lungo andare rintronante, ma la perdoniamo: davanti ai musi lunghi i sorrisi vanno urlati.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"