Kung Fu Panda - recensione del nuovo film d'animazione DreamWorks
Dopo il notevole passo indietro effettuato con il terzo capitolo di Shrek – parliamo ovviamente di risultati artistici, perché al botteghino la franchise sull’orco delle favole ha funzionato come sempre a meraviglia – la DreamWorks torna con un film d’animazione più riuscito ed in linea con i suoi standard.
Kung Fu Panda - La recensione
Presentato all’ultimo festival di Cannes con enorme clamore - dovuto alla presenza sulla Croisette dei suoi doppiatori originali Angelina Jolie, Jack Black e Dustin Hoffman - arriva anche nelle nostre sale Kung Fu Panda, il nuovo film d’animazione della DreamWorks Animation, diretto dalla coppia Mark Osborne/Steven Johnson. Dopo una produzione stranamente priva di mordente narrativo come era stato l’ultimo capitolo della saga di Shrek, questa nuova pellicola (passateci il termine improprio…) torna invece a confermare come la DreamWorks sia forse più della Pixar capace di costruire i suoi progetti su macro-storie, su archetipi narrativi ormai consolidati soprattutto nella cultura cinematografica occidentale, facilmente adatti quindi a fare presa nell’immaginario del grande pubblico.
Anche in questo caso ci troviamo infatti di fronte ad una storia di ricerca della propria identità, che si fonde con la scoperta del valore del singolo e del coraggio racchiuso in ogni essere vivente; nulla di nuovo quindi, ma sapientemente inserito in una sceneggiatura che sviluppa con il giusto ritmo tali discorsi, inserendoli all’interno di un contesto spettacolare garantito dall’affidabilità degli animatori della DreamWorks; certo, a livello puramente cinematografico la fattura visiva di Kung Fu Panda non può competere con alcuni capolavori della Pixar come Gli incredibili, Ratatouille o probabilmente il prossimo WALL•E, ma sembra piuttosto che questa “battaglia estetica” che le due case di produzione si combattono da anni sia in realtà stata abbandonata dalla DreamWorks, che si sta sempre più dirigendo verso un tipo di “prodotto medio” largamente accessibile al grande pubblico, che sappia mescolare con equilibrio narrazione forte e spettacolo per famiglie.Sotto questo punto di vista Kung Fu Panda appare uno dei lavori meglio amalgamati degli ultimi tempi, che rimanda nella trama principale ad uno dei massimi cult a “narrazione forte”, quel Guerre stellari di George Lucas che ha scritto le coordinate drammaturgiche di molto del cinema d’intrattenimento che lo ha seguito: come al solito la DreamWorks dimostra di non possedere enormi capacità innovative, ma allo stesso modo conferma una lungimiranza nel lavorare su stilemi preesistenti davvero ammirevole.
Chiudiamo con una nota sui doppiatori, tanto acclamati forse anche oltre le loro effettive qualità: se infatti la Jolie e Black mettono al servizio dei rispettivi personaggi le loro voci in maniera funzionale, ed Hoffman regala al suo Shifu uno spessore ed una saggezza dal timbro antico, ad elevarsi a nostro avviso è il grande caratterista Ian McShane, che presta la sua voce profonda e cavernosa al “cattivo” Tai Lung: è lui a rimanere veramente impresso nello spettatore più dei suoi colleghi destinati ad essere maggiormente sotto i riflettori. Sulla versione doppiata in italiano, in cui spicca il nome di Fabio Volo scelto per la voce del protagonista Po, non possiamo commentare non avendola ancora vista, ma dopo aver assaporato la fattura della lingua originale sarà sicuramente più difficile accostarci all’adattamento.
- Critico cinematografico
- Corrispondente dagli Stati Uniti