Inside: recensione del film con Willem Dafoe presentato al Festival di Berlino 2023

20 febbraio 2023
2.5 di 5

Un high concept movie dallo spunto forte e interessante che si perde un po' per strada. Forse perché mira troppo in alto, e ragiona su arte, collezionismo e ricchezza in maniera non sempre appropriata. Recensione di Federico Gironi.

Inside: recensione del film con Willem Dafoe presentato al Festival di Berlino 2023

Inside è uno di quei film che si definiscono “high concept”. Ovvero uno di quei film che nascono da uno spunto narrativo chiaro e potente, essenziale, declinato poi in modo tale da affrontare un vasto spettro di temi.
In questo caso l’idea alla base del film è semplice: un ladro d’arte si introduce in un lussuosissimo attico di New York, tutto design e opere d’arte di enorme valore. Qualcosa va storto, i sistemi di sicurezza impazziscono, e il ladro si trova bloccato nella casa (il ricchissimo proprietario è in Kazakistan a inaugurare un grattacielo e chissà quando tornerà), in buona sostanza senz’acqua né molto cibo, e deve cercare di sopravvivere.
L’idea, nata dallo stesso regista, il greco Vasilis Katsoupis, e poi sceneggiata dall’inglese Ben Hopkins, c’è. È forte, è anche buona.
I problemi stanno un po’ nel modo in cui è stata messa in scena, perché l’ossessività sui dettagli e la successiva deriva sempre più allucinata non sono proprio gestite benissimo, e soprattutto nel carico di questioni che Katsoupis ha voluto caricare su un’impalcatura che poteva benissimo reggere, e anzi esaltare, il genere puro, e che invece è stata appesantita da non raffinatissime speculazioni sul senso dell’arte, e forse pure della vita.

“I gatti muoiono, la musica svanisce, ma l’arte resta”.
È la frase che apre e che chiude questo film. La pronuncia, una delle pochissime, il protagonista Willem Dafoe; e il suo senso profondo, o presunto tale, lo capiremo solo alla fine.
Dafoe, protagonista senza nome (il pressbook lo chiama, omerianamente, Nemo), è entrato nell’appartamento per potare via dei quadri di Egon Schiele (chiamalo scemo), rimarrà circondato da opere e oggetti il cui senso, la cui percezione, la cui utilità, perfino, muteranno nel corso della sua disperata e immobile Odissea. La sua stessa presenza nella casa, il suo agire, il suo disperarsi, il suo consumare, devastare, spostare, defecare, diverranno a modo loro, consciamente o meno, nuove opere e nuove installazioni.
L’arte (il collezionismo privato, almeno) come prigione, l’arte come salvezza. L’arte che resta.
Bene, ok.
Però.

Però Katsoupis artista non è. Il suo film dell'opera d'arte contemporanea ha una certa fredda astrazione superficiale, e niente altro.
Non che lo debbano essere, ci mancherebbe, ma quel che sfugge qui, in Inside, è l’equilibrio tra una sorta di exploitation legata al genere, e alle esigenze del cinema d'intrattenimento, e invece certe sue ambizioni. Il risultato è quello di una sostanziale piattezza emotiva e intellettuale, che inchioda il film a una serie di responsabilità dalle quali, altrimenti, avrebbe potuto agilmente, o astutamente, sottrarsi.
Perché così facendo il film di Katsoupis appare ripetitivo senza mai dare l’idea desiderata, quella dell’escalation verso qualcosa.

E perché, così facendo, spinge lo spettatore a farsi domande scomode (per il film): ok, il sistema è in tilt, l’aria condizionata è impazzita, ma perché la luce c’è ancora mentre l’acqua è chiusa? Perché se l’acqua è chiusa l’impianto di irrigazione funziona? Perché il nostro eroe non chiede soccorso scrivendo “SOS” sulle enormi vetrate dell’appartamento, mentre invece prova a farlo chiedendo aiuto a una donna delle pulizie che non lo potrà mai sentire? Perché i suoi complici non provano a salvarlo? Perché una casa del genere non ha un sistema di allarme che avverta dei danni, e non ha telecamere di sorveglianza all’interno? Di chi sono tutte quelle opere d’arte? Dovrei collezionare arte anche io? Con che soldi? Che ore sono? Quando finisce? Che senso ha questo finale rimasto aperto con troppa esibita furbizia?



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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