Il segreto dei suoi occhi: la recensione del film con Julia Roberts e Nicole Kidman
Billy Ray riambienta in America il film argentino premio Oscar nel 2010.
Primi anni 2000. Carolyn, figlia della detective Jess (Julia Roberts), viene uccisa vicino a una moschea californiana. Turbato dall'accaduto, il neocollega Ray (Chiwetel Ejiofor) e il procuratore distrettuale Claire (Nicole Kidman) indagano, ma per diverse ragioni falliscono nell'assicurare il colpevole alla giustizia. 13 anni dopo Ray, ormai lontano, crede di aver trovato una nuova pista e decide di tornare a Los Angeles, per riaprire il caso e forse riprovare a conquistare Claire, la donna che ancora ama.
Billy Ray, nomination all'Oscar per la sceneggiatura di Captain Phillips, dirige il remake dell'argentino Il segreto dei suoi occhi, premio Oscar come miglior film straniero nel 2010. Di fatto il regista riadatta di persona il romanzo di Eduardo Sacheri, alla base dell'affascinante lungometraggio di Juan José Campanella. Billy Ray ha difficoltà a uscire dalle maglie hollywoodiane, che impongono interrogativi morali più scontati, rispetto alle vertigini garantite dal primo adattamento. La realpolitik di un'America resa paranoica dall'11 settembre sostituisce in Il segreto dei suoi occhi lo sfondo della dittatura argentina del primo film: immaginabile che alcuni passaggi narrativi rimasti uguali risultano un po' forzati, ma è uno sforzo tutto sommato apprezzabile, così come sarebbe coraggiosa l'idea di costruire una storia d'amore difficile tra due poli opposti, scegliendo per interpretarli due attori così diversi come Chiwetel Ejiofor e Nicole Kidman.
Proprio la vicenda sentimentale tuttavia fatica a coinvolgere: non solo perché Nicole Kidman, duole sinceramente dirlo, sembra più distante del suo personaggio. Il limite vero è nel tema portante: il dibattito etico sull'applicazione della giustizia, dai suoi limiti pubblici alle sue vendicative derive private, non ha un legame con l'introspezione amorosa del protagonista. Conseguenza diretta di questa scelta, che rende peraltro la storia meno originale, è che il rapporto mai consumato tra Ray e Claire appare soltanto uno sfondo gratuito all'indagine. Nella versione argentina l'ex-agente federale era in pensione e riapriva il caso dopo venticinque anni: scrivendo un romanzo sull'omicidio e su se stesso, intrecciava l'affetto non concretizzato per la sua vecchia fiamma con la soluzione di un mistero che conteneva la chiave stessa per capire l'amore assoluto, per capire se stesso.
Il lungometraggio di Billy Ray non scarta lo spunto sentimentale, ma trasforma la vittima, dall'originale moglie dalla bellezza stupefacente, senza figli e con marito adorante, nella figlia di una madre sola; così facendo le due rette narrative (storia d'amore e indagine) procedono parallele senza incontrarsi mai, e va da sè che le tematiche di famiglia e vendetta cancellano la sensualità sublime del corto circuito originale o al massimo la riconducono nell'alveo di una semplice perversione alla CSI. Inevitabilmente, il finale è nella morale parecchio diverso.
Tutto ciò può distrarre da un elemento curioso dell'operazione: Julia Roberts. Non che non si sia cimentata con ruoli tesi o straziati in passato, ma il suo aspetto ora più viscerale, vecchigno e maturo la porta a vincere facilmente il confronto con la sua collega Kidman. Lei ed Ejiofor sono le presenze più interessanti dell'opera. A questo punto, modifica per modifica, cancellare Claire e creare un legame inespresso diretto tra Ray e Jess avrebbe ricompattato la tensione emotiva, anche se com'è ovvio ci si sarebbe allontanati ulteriormente dall'opera originale.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"