Il Mistero del Profumo Verde: recensione della spy story francese in salsa hitchockiana
Con la lezione di Alfred Hitchcock in mente, Nicolas Pariser dirige una commedia spionistica tinta di rosa che guarda con preoccupazione alla geopolitica contemporanea e che a ragione si classifica come film europeo. La recensione di Carola Proto.
"È come se mi stessero portando ad Auschwitz" - dice Martin/Vincent Lacoste a Claire/Sandrine Kiberlain mentre un treno da Parigi li sta portando ad Est. Il loro non è un viaggio di piacere ma una fuga e nello stesso tempo un inseguimento. Infatti, mentre era in scena a La Comédie Française, Martin ha sentito le ultime parole di un collega avvelenato per oscure ragioni ed è stato accusato di averlo ucciso. Claire, che fa la fumettista, ha deciso di seguirlo, pur conoscendolo appena, per curiosità e per distrarsi. L'allusione al più celebre e infame campo di concentramento, in un simile avventuroso contesto, non è dettata, come si potrebbe pensare, dalla paura di cadere nelle mani della giustizia o dei cattivi di turno, e non è nemmeno casuale, proprio perché entrambi i personaggi sono ebrei, ed è questo probabilmente il punto di partenza per un'analisi e per la comprensione de Il Mistero del Profumo Verde, piccolo gioiello del cinema francese contemporaneo che, con i modi della spy comedy e della screwball comedy, affronta tematiche serie e squisitamente contemporanee. Nicolas Pariser, che è anche un grande cinéphile, decide di tuffarsi nel magma della geopolitica contemporanea, e in ciò somiglia agli albi anni ’30 di Tintin e ai film, sempre anni ’30, di Alfred Hitchcock, che amava tanto ambientare le sue storie sui treni, microcosmi pieni di insidie e di spazi angusti da attraversare o dove nascondersi.
Il nostro treno è un po' diverso, narrativamente parlando, da quelli hitchcockiani, anche se Martin ricorda, fra gli altri, il personaggio di Michael Redgrave ne La signora scompare. E lo è perché - dice il regista - "il motivo centrale del film è l'angoscia fisica degli ebrei in Europa", continente "sempre più infestato dal Fascismo e dall’Antisemitismo", e quindi per i protagonisti andare a Budapest, dove bisognerà fermare un'organizzazione antieuropea finanziata dalla Russia, significa avvicinarsi alla fossa dei leoni, e sebbene i tempi cupi del nazionalsocialismo siano ormai lontani, il il principale antagonista è austriaco proprio come Adolf Hitler. Stando così le cose, la genialità di Pariser consiste nell'aver evitato ogni gravitas a favore della leggerezza di racconto, del divertissement, di un giallo-rosa con qualcosa di Accadde una notte, qualcosa di Sogni proibiti e con un protagonista maschile a metà fra Antoine Doinel e, come già detto, Tintin.
Il giovane reporter belga inventato da Hergé è un riferimento più che altro formale, un'influenza esclusivamente plastica e pittorica. Lo stesso dicasi per Corto Maltese nel caso di Claire. La stessa categoria spy-story funziona da contenitore, oltre che da garanzia di ritmo scoppiettante, eccellente tenuta narrativa e perfino di atemporalità, o meglio di universalità. E se diciamo universalità è perché il genere è di per sé un archetipo, a maggior ragione il noir nelle sue infinite declinazioni, che esprime sì l’air du temps però allo stesso modo fa rima con classicità, e Il Mistero del Profumo Verde classico lo è eccome.
Prima di tutto è lo stile a essere classico, e infatti Nicolas Pariser ha scelto di girare in 35 millimetri. Perfino un'informazione che potrebbe cambiare i destini del mondo scritta su un biglietto di carta che passa di mano in mano ci riporta ai vecchi film. Attenzione, però: Claire e Martin, e qui sta l'intelligenza de Il Mistero del Profumo Verde, sono anche espressione del nostro tempo: lui fragile e ansioso, lei autonoma, intuitiva, affettuosa e più grande di lui, come si usa oggi. In ogni modo, il regista a un certo punto si allontana dalla commedia spionistica e confonde le acque, pur mantenendo alta la tensione, e allora capiamo perché abbia scelto L'Illusione Comica di Corneille per la rappresentazione durante la quale ci si giocherà il tutto per tutto. Anche la pièce del drammaturgo francese mescolava i toni e mirava a sviare il pubblico. Gli spettatori de Il Mistero del Profumo Verde. però, ne sanno più dei personaggi, perché così faceva il regista di Psycho, che Pariser ha sempre venerato.
Ma torniamo alla geopolitica. Anche i precedenti lavori di Nicolas Pariser parlano di politica, e il suo atteggiamento è quello di una progressiva disillusione, almeno nei confronti della sinistra francese. Ecco perché Claire a un certo punto dice: "Quando sei di sinistra passi da una sconfitta all'altra con grande fervore romantico". Davanti a un panorama tanto desolante, la speranza, secondo il regista, deve essere riposta nell’Europa, e difatti Il Mistero del Profumo Verde può (e vuole) essere definito un film europeo, e se Claire è l'alter-ego di Pariser, allora è giusto che sia lei a dire che, quando viveva in Israele, aveva nostalgia dell'Europa. Le parole precise del personaggio sono: "Mi mancava l'Europa come spazio intellettuale". È una frase bellissima, che allude a un comune sentire e che ha molto a che fare con la storia millenaria di paesi che hanno combattuto fra loro ma che oggi si rispettano, pur tenendo ciascuno alla propria grandeur. I francesi sono maestri in questo e alle volte fanno gli sbruffoni, ma il loro cinema continua ad essere sublime e il loro senso civico, che alimenta rivendicazioni più o meno giuste, fa sì che vengano ascoltati da chi ha in mano le redini del paese.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali